venerdì 22 novembre 2013

La G-rana.




: c'era una storiella che mi piaceva, quando ero adolescente: quella che raccontava (blablabla) di una gara fra ranocchie a chi arrivava per prima in cima ad una torre (blablabla) in cui il pubblico continuava ad urlare "Tanto non ce la farete mai!" (blablabla) e alla fine vince una rana sorda che é riuscita ad arrivare fin lassù perché non poteva sentire i portasfiga.
Passo sopra al fatto di averla raccontata come raccontavo i sogni da piccola, cazzando i tempi verbali e la cronologia, ma il succo é che, quando ero considerevolmente più giovane, mi concentravo più che altro sulla forma, che sulla sostanza. (Piuttosto normale, nell'età della stupideira).
Adesso, infatti, trovo quella storia di una pochezza inarrivabile.
È un semplice acchiappalike che fa fare "Ooooooh!" al lettore del popolino quando scopre che la rana é sorda e che insegna a non badare al giudizio degli altri che sono solo invidiosi, cioè minchia-oh.
Ecco, alla soglia dei quasi30, posso dire: NO, caro racconta-rane a tradimento, a me non freghi.
Hai scritto questa favella con la morale per spiegare ai bambini che, per raggiungere un traguardo (non vale per i capricci per i giocattoli), non devono stare a sentire chi ha come unico scopo quello di farli desistere. E hai ragione, ma dici loro che la rana é SORDA, cazzo.
È una rana disabile, speciale, chiamala come vuoi, ma non è una rana cazzuta che cazzutamente sceglie di fottersene del giudizio degli altri e raggiunge la torre.
È una rana che non si lascia intimorire perché, stella, non può fare altrimenti.
Io, invece, vorrei riuscire a insegnare a Leonardo (mio figlio) che gli altri li DEVE ascoltare. DEVE essere nella condizione di sentirli. DEVE dare peso a quello che dicono. DEVE guardarli in faccia mentre gli dicono che é un coglione, che non ce la farà mai.
Perché, nonostante sia un handicapp, essere sordi è molto facile. Ciò che è difficile è prendere coscienza di chi ti sta portando rogna e fargli una pernacchia.
Si, quello che ti dirò, Leonardo, è: FAI UN'ENORME PERNACCHIA.
Sali in cima a quella torre, alza il dito medio, arrotola la lingua e... PRRRR.
La tua mamma ti da il permesso.

mercoledì 30 ottobre 2013

Fate l'amore con il sapore!






: ho sempre detestato lo yogurt: mi faceva impazzire l'idea che dei fermenti lattici VIVI si riunissero in una gang bang e copulassero in una vasca di latte per farlo inacidire.
Adesso invece, grazie al mio bipolarismo, lo adoro.  E, no, non è perché  abbia iniziato anch'io con le gang bang. Semplicemente, ogni volta che odio qualcosa poi me ne innamoro. Successe con la Coca Cola, successe con la maionese e succederà, prima o poi, anche con Guè Pequeno.
È una premessa come un'altra per dire che ho comprato uno di quei Müller che ti incitano ad avere un amplesso con il sapore, quelli che hanno da una parte lo yogurt e dall'altra le nocciole.
Ogni tanto li compro e ogni volta faccio sempre gli stessi pensieri, ovvero:
- La quantità di nocciole sarà sufficiente per tutto quello yogurt?
- Lo yogurt sarà buono come le nocciole? Le nocciole saranno buone come lo yogurt?
- Riuscirò ad arrivare alla fine del vasetto siccome Yogurt e nocciole insieme sono davvero pesanti?
....
E, ogni volta, le risposte che trovo sono sempre le stesse:
- Si, la quantità delle nocciole da mischiare allo yogurt è perfetta. Sono certa che la Müller abbia stipendiato fior di esperti apposta per cercare la giusta dose di nocciole e chi se ne frega di quanto tempo ci abbiano messo a trovarla, ce l'hanno fatta.
- Non importa se lo yogurt sia buono esattamente come le nocciole o viceversa, Giada. Tu non li mangi separati, tu li mangi insieme. E, se una volta mischiati funzionano, mangia. Mangia e basta.
- È vero, yogurt e nocciole insieme non sono il massimo della leggerezza. Ma se tu hai comprato un Müller di quel tipo, vuol dire che ti ha attirato. Chissà per quale motivo, ma l'ha fatto. Perciò, per l'ennesima volta, MANGIA.
E pazienza se non lo finirai, tu inizia a mangiare.
Al massimo poi vomiti.
Non è mai morto nessuno per un po' di vomito.

giovedì 10 ottobre 2013

Ciao Darwin!




: dai diamanti non nasce niente, dal letame sbocciano i "Moet".
Ciao Darwin, spero che tu non abbia Facebook!

lunedì 7 ottobre 2013

Spettatrice non protagonista.




: quando nasci zitella ti prendi la libertà di osservare, come se fossi al cinema, le relazioni sentimentali di chi zitella non è. Ed è veramente incredibile quanto sia facile dare consigli (o giudizi) quando la tua unica preoccupazione sia quella di sgranocchiare popcorn.
È ciò che faccio io.
Ci sono volte in cui queste storie d'amore sono film così noiosi e dal finale così scontato che mi verrebbe voglia di puntare una sveglia nelle orecchie dei protagonisti per scuoterli un po'.
Ce ne sono altre talmente perfette e ben costruite che, anche se sai che è tutta una finzione, le osservi con piacere anche solo per sognare un po'.
Ce ne sono anche di intricate, incomprensibili, faticose da guardare.
Ci sono quelle stroncate dalla critica e premiate dal pubblico e ci sono quelle premiate dalla critica e stroncate dal pubblico.
Poi ci sono le mie preferite, le horror-story: quelle un po' splatter, piene di sangue dall'inizio alla fine, quelle in cui sai già che il ragazzo di colore è colui che verrà fatto fuori per primo, quelle in cui urli alla bionda: è dietro di te, scappa!, ma lei non ti ascolta e viene sgozzata senza pietà.
È tutto molto facile, quando ne sei fuori.
Ed è per questo, infatti, che ne sei fuori.

sabato 7 settembre 2013

Ah, amor!





: in amor vince chi funge.
Vince chi funziona.
Chi è rotto, usato, ecc, va bene per tutto il resto.

mercoledì 7 agosto 2013

L'importanza della semantica.







: l'IMPORTANZA della semantica:

Una prostituta dice ad una meretrice: "Meretrice!!"
La meretrice, risentita, le urla: "Sempre meglio meretrice che prostituta!".
Bene, qualcuno glielo spiega che, comunque, rimangono entrambe delle puttane?

sabato 3 agosto 2013

Batti il Tg5, zio!





: oggi è una di quelle splendide giornate in cui vorrei intingere il prossimo in una botte di soda caustica, così, per vedere l'effetto che fa.
Ho appena guardato il telegiornale per la prima volta da gennaio e ho scoperto che, come Beautiful, siamo sempre allo stesso punto in cui si mette alla gogna B-rooke, che tutti additano come troia ma poi fanno a gara a chi la corteggia di più con la speranza di farsela dare. Smorza(candela) Italia.
Poi si da spazio ad una modella che, sulla scia della moglie di Massimo Di Cataldo, denuncia l'ex marito su Facebook per averla massacrata di botte. E subito dopo pubblica una foto dello stemmino Ferrari intitolata "Volti della ricchezza". Fra il dire e il fare c'è sempre un bipolare.
Ah, non so se Di Cataldo si scriva così però zero voglia di cercarlo su Google. Di Cataldo, Dicataldo, DiCataldo, poco importa: parliamoci chiaro, non è certo DiCaprio.
Il tg prosegue con l'allarme terrorismo per gli Ammericani in Ammerica e gli Ammericani in vacanza: dato che domani è il compleanno di Obama, si ha la paura che ci scappino migliaia di morti. Al Qaeda e le sue idee regalo.
Altri servizi? Ah si, l'economia. IMU and friends in primo luogo. Poi, dopo averci informato che quest'anno l'italiano medio ha speso circa 3.000 € in meno per la spesa (lesinando anche su pasta, pane e viagra), arriva un ometto in studio che attacca a ciarlare come un libro stampato. Un noiosissimo libro stampato. E ci da consigli su blablabla... non l'ho cagato, non volevo saziarmi con Bocconi di tedio.
Una pubblicità separa queste "notizie" dal meteo e, quindi, dall'"andate in pace": ti consigliano di acquistare il contraccettivo Persona: un dispositivo elettronico che ti da il via libera per il coito. Se la lucina è rossa non si ciula ma se è verde... si può "fare l'amore!".
Ragazzi, più in basso di così ci sono solo il Nucleo caldo e scoppiettante e la dignità della Minetti. Comunque calda e scoppiettante.

martedì 30 luglio 2013

L'importante è che tu corra.








: noi zitelle impenitenti, single anche in coppia, con addosso pantaloncini e scarpe da ginnastica, ci lanciamo in maratone che hanno come traguardo il raggiungimento dell'"Uomo Giusto".
E corriamo, corriamo, corriamo.
Fino allo spappolamento della milza, noi corriamo.
Non importa quanto il percorso sia disseminato da ostacoli travestiti da persone gentili, brillanti e affascinanti che umilieranno anche la più piccola particella della nostra anima.
Non importa, noi corriamo.
Corriamo anche quando realizziamo che la nostra maratona non si basa sulla distanza ben precisa e rassicurante di 42,195 km, ma dura anni. E anni. E anni.
Noi zitelle ci chiamiamo così, "zitelle", perché continuiamo a correre mentre le altre ragazze, donne, femmine, incappano nei suddetti ostacoli e si convincono che (tutto sommato e con un buon addestramento) possano andare bene. E se li portano all'altare.
Noi, invece, corriamo.
Corriamo rivolgendo lo sguardo a quelle ex-aspiranti principesse che hanno interrotto la corsa e si sono fermate. Noi le reputiamo "accontentate", loro si reputano "accasate". E ci lanciano bottigliette d'acqua o cartoncini di latte per farci proseguire con compassione.
Corriamo verso il Dolce Principe Azzurro, che abbandona la dolcezza nella nostra infanzia, sbiadisce nell'adolescenza e perde il casato nell'età adulta, trasformandosi in Uomo Giusto che, per quanto giusto, rimane sempre un uomo.
Con gambe tornite e bugie ben strutturate che gli permettono di divincolarsi per non farsi raggiungere mai, diventando a sua volta un maratoneta.
Un maratoneta Coglione, però.
Perché è vero che noi siamo zitelle, quindi ridicolmente vulnerabili, isteriche e incontentabili. Ma lui, il Principe umanamente Giusto, naturalizzato Coglione, in quanto a idiozia non è da meno.
Insomma, è una vecchia storia:
Ogni giorno nel mondo, una zitella si sveglia, sa che dovrà correre più veloce del coglione o verrà umiliata.
Ogni giorno nel mondo, un coglione si sveglia, sa che dovrà correre più veloce della zitella o verrà incastrato.
Perciò non importa che tu sia coglione o zitella. L'importante è che tu corra.

martedì 14 maggio 2013

Nuda. E cruda.





: "Ciao Giada, volevo chiederti... hai per caso un blog?"
Si, ce l'ho.
E non avrei potuto crearlo più a mia immagine e somiglianza:
- non ha figure, come quei libri che i bambini con le orecchie d'asino odiano perchè devono leggerli e non guardarli.
- è minimale e verdognolo, senza tante velleità estetiche.
- è intricato, inestricato, aggrovigliato: non è da scompisciarsi dalle risate alla prima lettura ma, se ti abitui al tipo di umorismo, poi ti piace.
- non segue una linea logica o definita: non è fashion, nè musicale, nè politico, nè cinematografico. E' totalmente a sè stante, astratto e campato in aria.
- non è per il popolone, nè per il popolino: ha pochi seguaci ma fedelissimi (ed è per loro che sto mettendo insieme queste quattro parole cagate, nonostante le perturbazioni della stagione).
E' uguale alla sua autrice, questo blog.
E, proprio come la sua autrice, conosce dei momenti di nebbia creativa dovuti agli sporadici conflitti fra mente e cuore, in cui il cuore scappa vagabondando qua e là e la mente va alla sua ricerca per saccagnarlo di botte.
Eh si, perchè noi femminucce, quando siamo "cotte", perdiamo le nostre proprietà organolettiche.
Proprio come le pere e le carote che, cuocendo, cedono la maggior parte dei loro valori nutritivi.
Ora la mia mente l'ha trovato, quel disgraziato, e l'ha riportato sulla retta via.
Sono di nuovo qua e, come piace a qualcuno, sono cruda. Crudissima.

venerdì 15 marzo 2013

Curriculum Vitae. Vitae dimmerda.





: allora, il mio CV fa pietà.
O tenerezza.
No, meglio pietà.
O pena.
Si, pena va bene, ma meglio pietà.
Fa pietà partendo dalla data di nascita: a tre anni dai trenta, nè giovane nè vecchia, nè bianca nè nera.
Per non parlare del luogo in cui sono nata: tra due fiumi color merda, in mezzo al dissesto, nè al mare nè in montagna.
Prosegue a fare pietà, il mio CV, indicando la mia formazione: iscritta all'università dal 2012, quindi APPENA, quindi SENZA LAUREA. E anche se dovessi riuscire a conseguirla, sarebbe degna di grasse risate. Diplomata al liceo con una votazione media, ottenuta non con impegno ma con intuizione.
Continua nella sua pietà, il  mio povero CV, snocciolando una serie di ESPERIENZE DI LAVORO che non virgoletto per mero buon gusto intellettuale.
Eperienze di lavoro: bè, si, ragazzi. Qualcosa ho fatto. Qualcosa che è svanito come un incubo.
E, proprio come un incubo, nulla ha lasciato se non una fastidiosa tachicardia mista a vertigine.
Vaglielo a spiegare, a coloro ai quali chiedo un posticino retribuito, che io sono brava a produrre infarti e labirintiti. Pare brutto.
Poi? Ah, si. Le famigerate "lingue straniere". Ma quelle sono un po' un male comune e una comune bugia. Non dovremmo avere nemmeno il coraggio, noi italiani, di farle comparire nel CV. Anche se fa pietà, come il mio. Perchè noi l'inglese non lo mastichiamo. Noi lo massacriamo. Noi lo mortifichiamo. TUTTI.
La pietà si percepisce ovunque, nel mio timido CV. Anche nelle conoscenze informatiche.
Dio, le conoscenze informatiche.
Si, smanetto. Smanetto con la stessa eleganza di un maiale che entra in uno Yacht Club: una tabella sbilenca te la posso anche fare con Excel. Ma mi fermo lì. Se un computer non avesse internet (che comunque consulto per frivolezze, non per controllare lo spread) per me potrebbe tranquillamente non esistere.
E, alla fine, un vero trionfo di pietà. Un gran finale di fuochi d'artificio di pietà, nel mio esile CV.
Con loro, le capacità e competenze. O gli interessi, che per immensa vergogna mi tengo per me.
CAPACITA' e COMPETENZE.
Mi viene da morire. Mi viene da cercare un camion di concime e ficcarmici dentro, lasciando che il letame si infili in ogni mio orifizio facendomi perire di asfissia.
Quali CAPACITA' o, peggio, COMPETENZE mi invento adesso?
Cosa scrivo, se non "Oh, ragazzi, io ho un quoziente intellettivo superiore alla media ma non sono laureata, ho un CV che fa pietà però sono 9 anni che lavoro, Vi fa niente di credermi sulla parola e di assumermi?".

Perchè, ingoiando una pillola di umiltà con un bicchiere di realismo, IO, mi assumerei?



giovedì 17 gennaio 2013

Copia/incolla is the new black!





: ecco la risposta che ho ricevuto dalla giornalista dell'articolo su Erika:

"Gentile Giada, innanzitutto mi scusi per il ritardo ma sono stata impegnata all’isola del Giglio per l’anniversario del naufragio della nave Concordia.
Mi creda, comprendo i motivi della sua indignazione, ma il mio unico obiettivo era quello di riportare – come semplice osservatrice– gli sviluppi di una storia complessa e drammatica che da un punto di vista giornalistico non può essere ignorata.
Mi spiace di aver urtato la sua sensibilità
Un abbraccio "
1) Qualcuno l'ha obbligata a rispondermi, il che mi lusinga e mi fa prudere le mani insieme.
2) La mia anima sorella Elena, dopo aver inviato alla redazione una lettera simile alla mia ma più intelligente, ha ricevuto la stesa-identicissima-propriopriolei risposta. Copia/incolla is the new black!
3) "Semplice osservatrice" un bel par di cazzi... Sei una giornalista de La Stampa, diavolo, non del Papersera.
4) "Gli sviluppi di una storia complessa e drammatica che non può essere ignorata". Brava, la pensi come Barbara D'Urso!
5) Dopo la parola "abbraccio" ci va un punto. Cioè lo so che io sono una sfigata e devo già ringraziare per la risposta, però dai, ti pagano anche per la punteggiatura. O forse no, se non presuppone una lacrima facile.
6) Come è possibile che il tuo nome compaia sulle stesse pagine in cui compare quello dell'amore mio unico-passione sempiterna-custode del mio sentimento più puro Massimo Gramellini?
6 bis) Come è possibile che il mio nome non compaia sulle stesse pagine in cui compare quello dell'amore mio unico-passione sempiterna-custode del mio sentimento più puro Massimo Gramellini? E si, mi riferisco anche alle pubblicazioni di tipo matrimoniale.
7) Cosa intendi con "mi scusi per il ritardo ma sono stata impegnata all’isola del Giglio per l’anniversario del naufragio della nave Concordia"??? Che mi devo aspettare quattro righe mal cagate, magari impreziosite da immagini di facce da pirla che hanno preso un giorno di ferie apposta per posare davanti alla nave che fu???
La miniera.  Non ci resta che la miniera.

venerdì 11 gennaio 2013

Erika De Nardo, sooooca.






: adesso mi metto pure a scrivere lettere ai quotidiani.

Mi chiedo quando comincerò con le raccolte punti.

http://www.lastampa.it/2013/01/11/italia/cronache/erika-nassuno-mi-da-un-lavoro-Kq62BlZ5vgHEWHhEi01XeN/pagina.html

"Le parole, per un giornalista, sono lo strumento di lavoro più importante, insieme all'intelletto e al senso critico.

Un giornalista deve saperle maneggiare con maestria come un chirurgo impugna con fermezza, e piena consapevolezza, il suo bisturi.

Un giornalista, quando riporta le confessioni di qualcuno, per quanto a mio parere non degno di avere dei diritti (quelli umani in primis), deve avere cura di utilizzare dei sinonimi che non facciano irritare il lettore.

Dare uno spazio, anche solo un timido trafiletto, ad una pluriomicida e alle sue lamentele non è giornalistico.

Attribuirle, con intento lacrimevole, parole come “sfogo” e “tormento”, in un periodo come questo, è non soltanto poco giornalistico ma assolutamente riprovevole.

Sono di Alessandria e di Erika De Nardo e della sua seduzione peccaminosa da bestiola di Satana ne ho fin sopra i capelli: è passata dall'Olimpo dei killer cocainomani (dopo aver fatto della sua povera madre e del dolce fratellino dei colapasta) al girone infernale dei laureati (in Lingua e Letteratura Italiana, a spese dello Stato, quindi di noi tutti) disoccupati. E si strazia, la creatura.

Questo dovrebbe commuovermi?

Il fine, a giustificazione di questo mezzo vescicante, era quello di suscitare tenerezza? Di dare “informazione”?

Perchè noi, nomali disoccupati che non sentiamo il prurito di costruirci una famiglia perchè quella da cui siamo nati non l'abbiamo sterminata, non abbiamo bisogno di questo tipo di “informazione”.

Abbiamo bisogno di conforto.

Ad Erika auguro il conforto non di ripristinare una vita ordinaria, ma di conquistare una morte straordinaria.

A voi, che vi guadagnate il mio euro quotidiano accompagnato dai suoi venti centesimi, chiedo di non gettare del sale ulteriore sulla ferita italiana per eccellenza. Che fa molto più male di 97 coltellate.
Giada."

mercoledì 9 gennaio 2013

C'è crisi.

                                                      




: "Eh, c'è crisi".

C'è crisi, questo gran par di balle.
Spiegatemi per voi cosa vuol dire che c'è crisi.
C'è crisi perchè il vostro stipendio invece di arrivare il 2 arriva il 4?
C'è crisi perchè l'iPhone 5 costa 700 euro mentre il 3 appena uscito ne costava 590?
C'è crisi perchè il vostro quoziente intellettivo di 34 non viene sfruttato? Eppure avete una laurea in scienze puffologiche, diamine, dovreste essere molto richiesti.

Per dire che "c'è crisi", la devi sentire.
La crisi non si legge, la crisi si prova.

La crisi non è pretendere un lavoro senza cercarlo.
La crisi non è lavorare in un call center dopo aver studiato "tutta la vita".
La crisi non è accontentarsi di un 8 perchè il 10 costa troppo.

La crisi è pregare il buon Dio per un mezzo, altro che per un 8.
La crisi è vedere crollare qualcosa che hai costruito sotto il tuo naso. Non perchè tu sia stato troppo o troppo poco, ma perchè alcuni meccanismi hanno iniziato a non funzionare più.
La crisi è avere la conferma di conoscere tanti corpi ma poche anime.
La crisi è avere la consapevolezza che esistano molte mani tese, ma nessuna disposta a stringere la tua.
La crisi è vedere godere delle tue disgrazie, quelle vere.

Il mondo è in crisi.
Perchè l'umanità è in crisi. Un'umanità che dice di saper fare senza aver mai fatto.
Che pretende di saper scrivere senza saper leggere.
Che dice di essere chirurgo ma gli fa schifo il sangue.
Che manda curricula con scritto "Counting House" perchè "impiegata" fa pezzente.

La crisi è avere un cervello che funziona e non poterlo usare perchè i ruoli che lo richiedono sono già occupati da chi non ce l'ha, un cervello.

La crisi è aver dato la possibilità a contadini di farsi chiamare avvocati.

La crisi è aver fatto del lavoro sempre un diritto e mai un dovere.

La crisi, questa crisi, è passata da essere una condizione ad essere, in un modo dolcemente e tristemente italiano, una SCUSA.