lunedì 31 dicembre 2018

Il proposito del non proposito






: il proposito di oggi è non scrivere propositi (ché mi sono anche un po’ stufata di prendermi per il culo ogni anno sbagasciando ogni mia aspettativa), il che è comunque un proposito, perciò avere come proposito il proposito di non scrivere propositi è, wow!, veramente da imperatore concettuale.
Complimenti, quindi, per la coerenza che non riesco a mantenere nemmeno in otto parole e buon anno, che per me sarà quello della crocifissione o dei trentini che entrarono a Trento o del dottore che vuole guardarti le tonsille, perciò champagne!
Ah, tolleranza zero per chi, oggi, dirà “Ci vediamo l’anno prossimo!”.
Auguri simpatici, come lui, come me.

venerdì 28 dicembre 2018

JeSuisUnBromatologo






: scenario A:
Frangianni: “Uè, Giancesco, quanto tempo! Come va? Che fai adesso?”
Giancesco: - Tutto alla grande, finalmente faccio il bromatologo!
Frangianni: “Wow, grande bomber, sono contento per te!”
E si congedano.
Tempo dopo, Frangianni incontra MariaBeota:
Frangianni: “Oh, ma lo sai chi ho visto? Giancesco. E lo sai che lavoro fa? Il bromatologo. Madonna che sfigato, non c’aveva proprio un cazzo da fare nella vita!
MariaBeota: - Ma davvero, ma puoi fare il bromatologo??? Il bromatologo è quello che... cioè sì, no?
Frangianni: “Eh... oh, ciao, devo andare stammi bene!”.

Scenario B:
Frangianni: “Uè, Giancesco, quanto tempo! Come va? Che fai adesso?”
Giancesco: - Tutto alla grande, finalmente faccio il bromatologo!
Frangianni: “E sarebbe?”
Giancesco: - In pratica analizzo il cibo, ne studio la composizione, la genuinità e l’alterazione!
Frangianni: “Wow, figata!”
E si congedano.
Tempo dopo, Frangianni incontra MariaBeota:
Frangianni: “Oh, ma lo sai chi ho visto? Giancesco. E lo sai che lavoro fa? Il bromatologo, che è un altro modo per dire che fa l’assaggiatore di cibo!”
MariaBeota: - Ahahah, ah quindi adesso il non aver voglia di fare un cazzo se non abbuffarsi si chiama “bromatologia”??? Madonna che sfigato, oh!

Scenario G (quello da me medesima auspicato):
I due deficienti, per aver deriso qualcuno senza aver capito niente di quello che fa, senza avere la minima idea di ciò che fa, soprattutto senza averglielo chiesto, finiscono all’ospedale per una grave infezione alimentare.
E muoiono.

Se sei arrivato fino a qua senza emorroidi da sforzo: l’hai capita la morale?
Lo sai che è grazie alla bromatologia se sappiamo cosa sia la salmonella?

mercoledì 26 dicembre 2018

Questo strano, caro, Natale






: oggi ho iniziato a mangiare a mezzogiorno e finito a mezzanotte con l’ultimo cioccolatino alla vaniglia di Giraudi Mon Amour.
Arrivo sotto casa con i pomodori secchi che mi escono dal naso e le noci dalle orecchie.
Sono ubriaca, più di cibo che di lambrusco.
Devo parcheggiare.
Non riesco, perché ho tutta la macchina appannata.
Non riesco, perché sono stanca.
Provo una manovra e attacco a ridere di debolezza.
Un signore sta fumando un sigaro, solo, sulla porta dell’hotel davanti a casa mia.
Mi sta osservando e, probabilmente, giudicando.
Così, faccio quello che faccio sempre: gioco sul sessismo a mio vantaggio.
Infatti, tempo un attimo e mi chiede: “Vuoi una mano?”.
Oh, sì, grazie caro!
“E se scappo?”
Non so se ti convenga, caro! Provo a fidarmi, comunque, caro!
Sale sulla mia macchina dicendo “Ah, le femmine!”, proprio così, testuale: FEMMINE.
Inizia, però, forse maledicendosi per l’iniziativa presa, a starnazzare come una gallinella:
“Come si spannano i vetriiiii?”
“Quanto mi manca dietrooooo?”
Tira dei pestoni sul pedale, arriva a un centimetro dalla macchina davanti.
“Va bene cosìììììì?”, mi chiede, in prenda al panico.
Va benissimo, caro, sei stato bravissimo!
“Come si spegne la macchina? Vabbè, te la lascio in moto!”
Certo, non preoccuparti! Grazie, mio caro eroe natalizio!

E così, in questo Natale strano, a cui dovrò abituarmi, ho reso felice una persona.
L’ho fatta sentire importante con la mia temporanea incompetenza.
E sono stata aiutata, comunque.
Basta poco, a volte.
E fa bene, a volte.
Anche se, domattina, dovrò togliere la macchina dal marciapiede.

lunedì 24 dicembre 2018

Buon Natale bis







: raga, auguri per questi giorni.
Vi auguro di poter assaggiare almeno un cucchiaino di felicità.
Felicità che, per me, aristotelicamente, equivale a realizzare la vostra parte più propriamente umana, ciò che vi distingue da un ciclamino e da una nutria.
Vi auguro di saper arrivare da un concetto A a un concetto B senza inciampare lungo la strada.
Di sapervi prendere la responsabilità dei vostri pensieri e delle vostre azioni.
Di saper rispondere ai vari “perché” che riempiono i vostri giorni.
Di potervi guardare allo specchio fieri, senza il riflesso dell’errore alle vostre spalle.
Di saper, almeno, ammettere di aver sbagliato e tentare di porvi rimedio.
Di saper ascoltare, con le orecchie della mente, le persone che dite abbiano importanza.
Di avere memoria, per le cose belle e per quelle brutte.
Di ricordarvi chi vi ha fatto bene e chi vi ha fatto male.
Vi auguro, soprattutto, una coscienza pulita.
Per il vostro bene.
Per il bene del mondo.
Perché non si può essere felici con la mente piena di merda.
Né rendere felici le persone che si amano.
Anche se si trattasse di amare solo se stessi e nessun altro.
Buon Natale.
Mangiate.
Bevete.
Copulate.
E riflettete.

martedì 18 dicembre 2018

Buon Natale






: l’anno scorso, di questi tempi, stavo aiutando mia nonna a fare l’albero: il nonno non poteva muoversi dal letto e serviva qualcuno per attaccare le decorazioni, qualcuno con le mani più o meno ferme, non agitate dalle notti insonni del periodo.
Fu un Natale di una potenza emotiva rara: sapevamo che, molto probabilmente, sarebbe stato l’ultimo tutti insieme.
Ciononostante, il mio stoico nonno si fece aiutare e si sedette a tavola per mangiare con la sua famiglia, come ogni 25 dicembre: abbiamo sempre preso molto seriamente il “Natale con i tuoi”, non è mai esistito che qualcuno non fosse a casa quel giorno.
Quest’anno, invece, qualcuno non sarà a casa.
Cause di forza maggiore gli impediranno di esserci fisicamente e, per la prima volta in trentadue anni, ci sarà una sedia in meno.
Oggi sono andata da mia nonna per pranzo.
Sono andata a piedi, avvolta nella mia adorata nebbia, e ho pensato a quanto questa settimana possa essere difficile per lei, con tutti i preparativi da affrontare, con tutti i ricordi da addolcire.
Mi accoglie dicendomi: “Questa settimana è un po’ così.”
Così di merda, vorrei dire.
Ma non lo dico, perché mi fa notare già un’altra cosa: “Ho messo gli addobbi, hai visto?”
Ho visto. Aveva bisogno di farlo da sola, penso.
E l’albero l’hai fatto, nonna?
“Eh, mah!”
Mi porta in sala e sì, certo che l’ha fatto.
Il solito, familiare, piccolo, alberello che vedo da trentadue anni.
È bellissimo, nonna!
“È sempre uguale, gioia. Non è cambiato niente!”
Già.
Qualcosa è cambiato.
Ma non è cambiato niente.

lunedì 10 dicembre 2018

Partenza intelligente







: **ATTENZIONE: POST SCRITTO IN PASSATO REMOTO**
quando ero una pubescente, un signore mi raccontò come fosse avere un amplesso con una trans.
(Ho sempre avuto la fortuna di trovare persone in grado di soddisfare ogni mia curiosità, per quanto precoce fosse. Ricordiamoci che, mentre i miei coetanei appena svezzati mangiavano la pastina in brodo, io mi facevo di gorgonzola.)
Quel signore, comunque, mi disse che la sensazione era quella di “limite”, come se si avvertisse una parete, o qualcosa del genere. Mi sembra di ricordare le sue esatte parole: “La vagina femminile è vasta, mentre una ricostruzione artificiale, in qualche modo, ti “limita”. Sì, disse così.
Non ci capii quasi un cazzo, ovviamente (la vagina vasta era un concetto a me nuovo e poi una “trans”, volendo essere precisi, ha ancora tutta la sua dotazione naturale.)
Ma, a naso, mi sapeva di minchiata: forse mi stava prendendo in giro -non era esattamente una persona affidabile- forse fare l’amore con una vagina ricostruita era uguale a farlo con una naturale o, forse, la tecnologia era davvero troppo arretrata a quell’epoca.
Boh. È una di quelle cose che non saprò mai.
Dovrò affidarmi, per forza di cose, all’altrui testimonianza: per quanto io sia empatica, immensamente empatica, “what is like to have a penis” mi rimarrà oscuro.
Ma quell’immagine, comunque, mi era piaciuta, mi fece riflettere.
E, negli anni, me ne appropriai, la feci mia: la applicai ai processi mentali.
Alcune menti hanno una potenza infinita: averci a che fare è paradisiaco, sul serio. Ragionare con loro è come cavalcare un razzo e scoprire nuove galassie. Verso l’infinito e oltre.
Altre, invece, sono funzionali, sì, ma si fermano a quello. Si percepisce il blocco, anzi, la diga (che suggerisce anche un’azzeccata rima). Lo fanno il 2+2, ma non si avventurano nel teorema. Si percepisce la loro finitezza.
Leggendo degli ultimi avvenimenti, mi sembra di avere a che fare con dei cervelli artificiali.
Belli, eh, ok, grande Siri che mi fai chiamare la mamma, ma è tutto così estremamente limitato.
Non c’è una visione di insieme, si ha bisogno di sezionare per incapacità di riflessione globale.
Ci si concentra unicamente su UNA cosa sbagliata e si guarda solo quella.
Nel caso dei morti in discoteca in attesa del “concerto” di Sfera Ebbasta è tutto sbagliato.
Non serve a nessuno piazzare dei MA strategici.
MA ha solo colpa chi ha usato lo spray se...
MA non ha solo colpa chi ha usato lo spray se...
MA ha solo colpa il locale se...
MA non ha solo colpa il locale se...
MA ha solo colpa il trapper se...
MA non ha solo colpa il trapper se...
È tutto, per un verso o per un altro, sbagliato.
Un po’ come il mio utilizzo dello schifoso passato remoto.

sabato 8 dicembre 2018

Ho spazio per un’indignazione alla volta







: c’è da indignarsi per mille motivi.
Per gli schiaffi mancati a uno che decide di seminare il panico con uno spray.
Per i locali di merda.
Per l’esistenza di una nuova figura, il trapper dall’osceno soprannome.
Però non c’è molto da dire: questo è il mondo. Un mondo che contribuiamo a far girare ogni giorno.
Con le varie pedagogie lassiste, con i vari escamotage alla sicurezza, ecc.
Questo è ciò che alimentiamo. E questo è ciò che ci teniamo: una serie di morti evitabili.
È una roulette russa, ormai.
Esci di casa e non sai se ci tornerai.
MA, io non ho spazio per altra indignazione se non quella che si sta consumando nella mia città.
Ho pochi neuroni, non posso permettermi di distribuirli.
Domani, ed è ciò a cui mi riferivo ieri, si terrà un incontro inquietante.
Perché, ufficialmente, è un’occasione per riflettere sul senso della vita.
Ufficiosamente, è un tentativo di far cambiare idea sull’aborto.
Infatti si svolgerà in una parrocchia.
La riflessione, quella profonda, è scevra di sacralità.
Senza voler cogliere il retrogusto truffaldino della faccenda, ché poi mi si dice che sono maliziosa.
Io non potrò essere presente.
Mi auguro che ci sia qualche pseudo-filosofo a fare le mie veci.
Perché, lo ripeterò finché il mio encefalogramma sarà piatto, se non hai mai letto i grandi pensatori, non solo quelli investiti di benefici ecclesiastici tu, sull’aborto, taci.
E qui mi fermo.
Mi auguro, però e ancora, che i canali di informazione che si sono premurati di sponsorizzare questo smacco alla razionalità, si interessino di organizzare anche un incontro con le testimonianze dei bambini nati senza essere voluti.
Voglio che raccontino di come siano cresciuti, con la consapevolezza di essere di troppo, senza soldi, né affetti.
Meglio che mi fermi davvero.

P.S. Per chi volesse portare l’Uh Signur pensiero: diciamo alla signora che è abbastanza facile fare dei sentimentalismi con l’”Ah, se mia madre avesse abortito non sarei qui!”. È ovvio che la domanda non sia “Avresti voluto morire?”, anzi, il problema è proprio quello: non nascere non equivale a morire. Ma cazzo parlo a fare, dovrei tirare in ballo Epicuro e ciao, se non ci vediamo più auguri.

venerdì 7 dicembre 2018

Un po’ forte







: purtroppo io c’ho il nichilismo che mi scorre nell’anima.
Un po’ è natura, un po’ sono le vicissitudini.
Fatto sta che io vivo in nero, in (quasi) ogni mio istante.
Insomma: sempre caro mi fu quest'ermo nero, e questo nero, che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il nero include.
Per questo ogni volta che qualcuno, dall’abbagliante sorriso beota, inneggia alla vitah positivah, io mi incupisco ancor di più.
Mi incupisco e mi irrito.
Ma poi mi intenerisco: stella, va’.
Che dolcezza, che genuinità (da vedere!), che ingenuità.
Come quella ragazza “sopravvissuta” all’aborto salino che parlerà, in una parrocchia, di come sia stata rinnegata come figlia, dei miracoli che ha visto con i suoi occhi.
Ed è un bene, per lei, che io non possa essere presente.
Perché la infetterei col mio, appunto, nichilismo, scetticismo, checchessiaismo.
Soffierei dell’antrace sul suo candore, sul suo immacolato e sgombro intelletto.
La ammorberei con annose questioni relative al senso, odiate dalle varie parrocchie, che non hanno gli strumenti adeguati per riflettere. 
Se sopravvivi, dove sta il tuo guadagno, come singolo?
Dove sta il nostro guadagno, come specie?
Può rispondere a questo, la tua piccola, putrida e  vacillante, autostima?
Può, ma in maniera sciocca e pruriginosa.
Ci vuole un gran coraggio per dire “Avrei potuto non esserci e invece ci sono!”, ci vuole una gran forza per affrontare i vari e fisiologici “Caspita, che culo!”.
Come ti invidio, creatura.
Invidio il bianco felice della tua pochezza intellettiva.
Davvero, eh.

mercoledì 5 dicembre 2018

Ti odio poi ti amo poi ti odio poi ti odio poi... suca!







: oggi: “Ah, cazzo!, ma io avevo commentato un post di X, come mai non mi ha più risposto?”
Beh, facile: perché mi ha bloccato.
Passo indietro, chissà di quanto:
tu e X siete “amici”, dentro e fuori Facebook.
X fa la merda, merda vera.
Fuori Facebook, perciò, non potete più essere amici (sei totalitarista, remember?).
Dentro Facebook sì, cazzotene.
X non è un X totalmente cretino, non ti dispiace leggere ciò che pubblica (a volte, eh).
E poi, notoriamente, tu c’hai il Facebook puttana: accetti tutti, dentro tutti.
X, però, scrive una cazzata. Proprio concettualmente, eh. Una minchiata oggettiva, una contraddizione in termini.
Glielo fai notare, come fai sempre, sia con chi ti ha ammazzato il pappagallo che con chi ami.
La ricostruzione, più o meno, è questa: 
X: “Il film su Freddy Mercury è una merdaaa!!1!”.
G: “Beh, anche scrivere FreddY è una merda!”.
E ti blocca.
Ti dispiace, ovviamente.
Non per la persona in sé (che la terra gli sia lieve!) ma perché la sua idea era così debole da vacillare per un commento del cazzo, fatto da una persona del cazzo.
E io, Giada, soffro per questo, raga.
Perché non date peso ai vostri concetti, né al nero su bianco, perché sudate freddo, perché i vostri pensieri scricchiolano.
Soffro molto, quando non tenete alto il dialogo.
Però mi diverto, anche.
Perché la mia piattaforma social è identica da dieci anni:
- Mi chiedono l’amicizia.
- Mi appoggiano (dai raga, su!).
- Per qualche motivo si incazzano.
- Mi bloccano.
Non è poi così male, in fondo.
Perché “in guerra tutti i giorni sono viva, sono come piace a me!” (Semi-cit).

domenica 2 dicembre 2018

La biuti rutin






: “Voglio fare anch’io delle maschere come fanno le ragazze gioiello che seguo su Instagram!!!”
-No.
“Ma perché non posso fare mai niente??? Voglio fare la skin-care coreana!!!”
-No.
“Ma la fanno tutte!!!”
-Tu no. Tu non puoi, lo sai. Inoltre, la skin-care coreana è una minchiata che hanno inventato per vendere più prodotti.
“Ma io...”
-No. Piantala.

E, invece, poiché io ribelle nasco e ribelle muoio (soprattutto quando si tratta di questioni così pregnanti), stamattina la maschera l’ho fatta.
Brava, cogliona.
Bravissima.
Adesso ho la faccia che va a fuoco, un herpes con l’estensione dell’Algeria e gli occhi che mi lacrimano, non vedo un cazzo e tutto questo sfocerà in una bella emicrania che durerà almeno tre orette.
Complimenti, cretina.

Date retta, raga, alle vostre mamme.
Soprattutto se ne sanno tanto e la gente le paga per dare quei consigli che voi non seguite.
Io, stando a vedere, non potrei mettermi nemmeno la crema su ‘sta faccia di merda che mi ritrovo.
Ma sono stupida.
Stupida e facilmente manipolabile, se a manipolarmi indirettamente è gente favolosa come Stephanie Glitter.
Perdoname, madre, por mi voglia di bellezza loca.

giovedì 29 novembre 2018

Il torto è una scoreggia






: siamo in una stanza, io e te.
Improvvisamente, un soffio.
Un soffio che sa di uova marce, fogna, merda.
Entrambi sappiamo cosa è successo: hai scoreggiato, tesoro.
Siamo in due, io non sono stata. 2-1=1 e quell’uno sei tu.
Lo so io e lo sai tu.
No, non può esserci l’eventualità che l’abbia fatta io inconsapevolmente: non le perdo per strada, non trasudo letame. 2-1=1, tu.
Se te lo faccio notare, neghi.
“Verrà da fuori”, dici. Parli di una fantomatica mandria di passaggio, una discarica, Beetlejuice.
Ma lo so io. E lo sai tu.
Se non te lo faccio notare, mi faccio bastare il linguaggio del tuo corpo: fai rotare gli occhi, hai lo sguardo del “se ne sarà accorta?”, muovi prima una chiappa poi l’altra sulla sedia, hai la fronte colpevole. Fai il vago.
Ma lo so io. E lo sai tu.
Così è il torto.
Il torto è, spesso, come una scoreggia.
In una discussione, in cui o io o te abbiamo sicuramente torto, entrambi sappiamo la verità.
Perché entrambi sappiamo cosa abbiamo pensato, come l’abbiamo detto, cosa abbiamo fatto.
Uno dei due ha commesso qualcosa di sbagliato.
Uno dei due ha un ingombrante torto in tasca.
Lo so io. Lo sai tu.
Tutto il resto è incolpare ingiustamente una povera mucca passeggera, una tubatura guasta, uno spiritello porcello. Non viene da fuori, viene da molto dentro.
E lo so io. E lo sai tu.

martedì 27 novembre 2018

La Belle Époque






: è da stamattina che gongolo per un’ovvietà (ovvietà vera, eh) che mi si è presentata davanti quando mi sono svegliata.
Da fan dell’antica Grecia, dell’epoca vittoriana, e di molte altre ottime annate, sono sempre stata impegnata a lamentarmi del periodo storico in cui vivo da non rendermi conto, invece, di avere avuto una fortuna incredibile: ho toccato con mano la rivoluzione.
Social, ma pur sempre rivoluzione.
Non è mica robetta, non è mica da tutti assistere a un totale stravolgimento del modo di pensare e, di rimando, agire, della specie umana.
Cioè, se uno fosse bravo, se uno avesse testa e coglioni, avrebbe davvero terreno fertile per entrare nei libri di storia (della filosofia, auspicabilmente).
Classe dirigente, forza, è ora di dirigere!
Voi, perché io c’ho da pensare alla Belle Époque.

mercoledì 14 novembre 2018

E. All’improvviso.







: sono al Tigotà e mi sto avviando alla cassa.
Un signore, anziano ma non troppo, energico e affabile, grandi occhi blu, mi ferma:
“Signorina, ma lei ci crede a queste cose? Secondo lei funzionano?”, indicando le creme anti-rughe.
Io gli dico che no, non ci credo: il tempo passa e lascia i segni, non sarà una poltiglia da nove euro e novanta a fermarlo.
“Eh, già, sono d’accordo! Io ho ottantaquattro anni, lo vuole il mio segreto di bellezza?”, prendendomi la mano con la sua, forte e ruvida.
Io, come al solito diffidente come un gatto randagio, mi irrigidisco e...
...un momento: OTTANTAQUATTRO ANNI???
Dai, si è sbagliato.
Ha detto ottantaquattro?
“Eh sì, vuole sapere il mio segreto?”
Certo, dimmi tutto, voglio sapere tutto, vendimi tutto, sono tua!!!

“...le carezze.”


martedì 13 novembre 2018

Argomento principe







: CHI NON TROMBA ANTI-ABORTISTA È, È!
Poi ne parliamo seriamente, eh, di questa “mozione per la prevenzione dell’aborto e il sostegno della maternità”.

Anzi, parliamone adesso.

1- “Se una donna si prende la responsabilità di fare CERTE COSE, allora si deve prendere la responsabilità di rimanere incinta e QUINDI di tenere un eventuale bambino”.

Certe cose.
Nel 2018, il piacere per eccellenza, è ancora definito “certe cose”. Cose che richiedono addirittura responsabilità.
Il che mi crea schifo, ovviamente, ma prima di tutto tristezza: sono sempre molto triste quando qualcuno si priva volontariamente di qualcosa di figo per colpa dei paletti che ha conficcati nel cranio. Perché, se tu lo chiami “certe cose”, o non lo fai, o lo fai male, vergognandotene, o lo fai solo per figliare.
E il sesso finalizzato esclusivamente alla procreazione mi fa evaporare lo spirito. Mi svuota: pensate a quanto possa essere divertente approcciarsi a ( e accoppiarsi con) qualcuno che non ha nemmeno il coraggio di pronunciarla la parola “sesso”, figuriamoci metterla in pratica. Pensate a che relazione scoppiettante possa essere, quella con un elemento del genere. Una festa, proprio.
(Ho tutta una teoria sugli anti-abortisti integralisti e al loro preoccuparsi inutilmente, dato che secondo me possiedono il miglior contraccettivo esistente, ma non è questa la sede!)

2- “L’aborto è omicidio!”
Gnek.
L’aborto è un’interruzione di gravidanza.
Possiamo equipararlo a un omicidio?
L’omicidio cos’è? Ci avete riflettuto, prima di sparare minchiate?
Perché, sapete, per dire che l’aborto è un omicidio dovete prima sapere cosa sia un omicidio. Se no, beh, chevvelodicoaffare?
L’omicidio (secondo me, secondo il resto del mondo furbo e secondo Wikipedia) è una soppressione di una vita umana, di un essere umano. Un essere umano in atto, non un feto, che è un essere umano in potenza.
Un feto non è “persona”, ci siamo?
Anche perché, cosa è “persona”? Ci avete mai pensato? No? Allora, magari, prima di parlare, rifletteteci.
Un feto non è un essere umano, se ci intendiamo su cosa sia un essere umano.
Lo diventerà, forse, ma non lo è ancora.
È un peccato (laico, eh), privare alcune cellule della possibilità di diventare qualcos’altro?
Forse. Ma è nulla rispetto al mettere al mondo qualcuno di non voluto e pregiudicare negativamente (e per sempre) la sua esistenza.
Su questo punto non vado oltre, dico solo che, talvolta, l’aborto è un atto necessario. Che vi scombussoli i sentimenti o meno.

3- “Ma se quelli pro-aborto fossero stati abortiti?”

Eh?
Beh, non saremmo qui ad aver a che fare con te, per esempio. Il che mi porta direttamente a un gran sospiro, sospiro con un retrogusto di rimpianto.

4. “Ti concedo l’aborto solo per motivi di salute!”

Uhm.
Salute? In che senso?
Salute di chi?
Fisica o mentale?
Non fa differenza?
E le gravidanze a seguito di una violenza sessuale? Le portiamo avanti? Le ha comunque volute Dio, giusto?


5- “Vuoi abortire? Bene, allora ti paghi tutta l’operazione. Echeccavolo, tu sbagli e la sanità paga?”

Ah, perciò ne facciamo una questione di soldi?
Ma non stavamo parlando di “vita”?
Di “morale”?
Di “diritto”?
Apperò!
Poi, notare bene il TU SBAGLI.
Fai sesso e qualcosa va storto ma a sbagliare sei tu, capito?
Hai osato provare un piacere fine a se stesso, cazzo!, che imperdonabile errore!

6- “Una donna, nel momento in cui rimane incinta, non è più padrona del proprio corpo.”

No, infatti.
Il padrone chi è, perciò? Il nascituro?
O, scavando nel più profondo della tua affermazione: tu? Tu sai chi è padrone di cosa?

7- Il meglio assoluto:

“PIUTTOSTO FALLO NASCERE E LASCIALO IN OSPEDALE. O DALLO IN ADOZIONE!”

Ecco, questa è la migliore. Questo è l’acme dell’idiozia umana.
Questa è la massima espressione del nostro fallimento, come specie.
Piuttosto che abortire, abbandona il bambino.
O regalalo.
Smerciare la vita umana perché, hey!, la vita è importante, eh.
“Non si gioca con la vita.”
“Non decidi tu, per un’altra vita.”
E poi sei pronto a gettarla come spazzatura.
Ignoranza, fondamentalismo e incoerenza: i cancri del mondo.


Nessuno tocchi la 194.
Nessuno, nessun politico o aspirante tale, si permetta di instillare il dubbio su una delle più grandi conquiste dell’umanità.
Anche se sul fatto che sia o meno “morale” potremmo discuterne all’infinito, l’aborto deve essere “legale”. Deve, non ci sono altre opzioni.
Morale vs legge, raga.
Sempre.
Potete pensare che sia scorretto eticamente, sentimentalmente, o qualunque altro “mente”, ma non potete desiderare che ritorni illegale abortire.
La legge deve tutelare tutte le vittime o le eventuali vittime.
I bambini non voluti.
I bambini nati per egoismo.
Le donne abusate.
Eccetera.
Fate i bravi.

P.S. Questo è il mio argomento principe.
La cosa sulla quale ho “sudato più carte”.
La cosa sulla quale ho scritto di più, nell’intimità della mia cameretta. E nel profondo della mia anima.
Parlatene con me.

giovedì 8 novembre 2018

Gli addominali di un Cristiano






: sono in treno (strano!).
Dietro di me ci sono dei ragazzini che, a giudicare da quello che stanno dicendo, sono studenti di filosofia.
Non so spiegare la mia gioia, raga.
(E quella del Mc Donald’s, sì, ok).
Stanno facendo andare quelle loro belle testoline, seppur ancora acerbe, e questo è cibo per la mia speranza: non ci sono solo il gol e gli addominali di Ronaldo, stamattina.
Ci sono anche i giochini di logica e le riflessioni su cosa sia il pensiero, il dubbio, il vero e il falso, la scienza.
Bene, giubilo, felicità.
Scrivo qualcosa!, penso.
Vado nelle mie note sul telefono.
138.
Panico.
Erano 600.
Perché 138?
Merda: domenica mi si è fottuta Gmail.
E, con lei, deduco, tutte le mie note.
Apple culo, Gmail culo.
Anche Giada culo, ok, ma se proprio vogliamo essere precisi, uno con una formazione filosofica non avrebbe mai permesso che questo potesse accadere.
Perché, se è auspicabile che la mia nota sul telefono venga salvata automaticamente su Gmail, non può valere anche che, se quella stessa nota scompare (perché il Dio digitale è un animale che si rotola nel fango e adora le ghiande) dalla casella di posta, allora scompaia anche dal telefono.
È una cazzo di fallacia, ci siamo?
È acido sull’intelletto, ci siamo?
Comunque, i miei ragazzini sono passati a un discorso idiota sul fatto di scoparsi i cessi da ubriachi.
Devo scendere.
Mi alzo.
Li guardo.
Scrollo la testa: quanta strada devono ancora fare per servire Mc Chicken e patatine.
E che addominali c’ha, ‘sto Cristiano?

Ah, ancora mezza offesa a José e vi brucio casa.

Solo un numero






: siamo solo un numero, per la maggior parte delle persone.
Se ci siamo o non ci siamo, non fa differenza.
A meno che non siamo Leonardo DiCaprio.
Allora, sì, siamo essenziali, fondamentali, il motore del mondo.
Scusate, colpa mia, divagato.
Dicevo: se ci siamo o non ci siamo, al mondo, fottesega.
Ma, talvolta, possiamo diventare indispensabili.
Possiamo fare la differenza per qualcuno.
Possiamo essere, per esempio, quel guidatore che non sta in mezzo ai coglioni.
Quello che non si fa manco sorpassare, tanto è imbranato.
Possiamo scegliere di non essere la causa, col nostro lumacare, della perdita di un treno, per esempio.
Possiamo essere la svolta, talvolta.
Nelle piccole cose.
Pensiamoci.
Pensateci.
Rincoglioniti.

Ciao Milano!






: fossi ricca, una delle città in cui vivrei è Milano.
E, prima che partano i vari “Non sai quel che dici!!!”, lo ripeto: fossi ricca.
Ricca ricca, eh, non ricchina.
Non da dover cambiare otto metro per andare a lavorare, per intenderci.
Fossi ricca vivrei a Milano, o a Venezia, o a Londra.
Poiché non sono ricca ricca (per ora!!!), sto a Lisondria.
Comunque, oggi in stazione è accaduta una cosa incredibile (spoiler: è una minchiata solita, non aspettiamoci grandi cose): c’è il treno per Milano in ritardo, fermo sul binario dal quale sarebbe dovuto partire il mio.
Se lo prendessi?, Se stesse aspettando me?, mi chiedo.
E non solo per farmi un giro in una città che dista un’ora dalla mia, proprio per starci. Per viverci.
Potrei?
E nel momento esatto in cui faccio ‘sto gioco del cazzo che crea in me un maremoto di merda, il treno per Centrale parte. Senza di me e i miei ipotetici cambi di vita, naturalmente.
Ok: messaggio recepito, idea abbandonata.
E, in quell’esatto momento, il treno torna indietro.
Torna indietro, raga! 
Perciò non solo non è vero che se perdi un treno ti fotti, ma può anche capitare che il treno ti aspetti o addirittura che torni a riprenderti.
Figo, un po’, forse, no?
Dà speranza, un po’, forse, no?

La vita






: la vita è un po’ come quando parto da casa con la pelle profumata, i capelli profumati, i vestiti profumati, tutta profumata, per poi sedermi sul sedile del treno e lasciare che mi si appiccichi addosso il fetidume del popolo-altro.

Sciopero (26 ottobre)











: il tempo (ahimè) passato e gli studi condotti hanno contribuito a sedare una mia tendenza pericolosa per la società: l’indole totalitarista.
Di natura, a livello bestiale, puramente istintivo, io sono per il regime.
Il mio, possibilmente.
Non è una cosa bella, lo so.
Per questo l’ho modificata o, meglio, cerco di modificarla giorno per giorno da molti giorni, direi anni.
Non abbiamo colpe per i buchi nel cervello che abbiamo alla nascita, abbiamo colpe se ci rifiutiamo di colmarli durante la crescita. Io mi sforzo continuamente, di colmarli, e per questo clap clap, batto auto-cinque, auto-pacca sulla spalla.
Ma.
Ci sono ancora dei casi in cui tenere a bada il Minotauro che abita l’ala Ovest della mia anima richiede uno sforzo sovrumano, estenuante.
Tipo oggi.
Oggi (e dura da ieri) c’è sciopero nazionale dei vari Caronti.
Ciò significa che la nazione è letteralmente bloccata.
Questo è, per la mia un po’ così, con quella passione per le frustate un po’ così, ancora inaccettabile: tolleranza zero per chi, per far valere un proprio diritto, caga sui diritti degli altri.
Per avere un weekend lungo autunnale.
Perché si può, perché è un dirittoh!
Perché così si fa capire che la propria presenza è importante.
No, non lo è.
La presenza del treno è importante, il “chi” lo fa partire è una contingenza del cazzo.
E morto un contingente se ne fa un altro.
E mi sa che mi fermo, perché poi mi conosco e vi faccio ingozzare una ribollita di merda che la digerite in tre anni.
Comunque, è un mio limite cognitivo, lo so.
Lo soffoco, lo rendo innocuo.
Domani.

Ciclo






: mi sta venendo il ciclo, ho il ciclo, mi è appena finito il ciclo, mi verrà il ciclo.
Ed è finito il mese.

Go Melons!





: non sapevo cosa fosse l’invidia fino a quando non mi si è palesata davanti una ragazza con un seno veramente notevole strizzato in una canotta con su scritto “Melons”.
Non so se fosse consapevole o meno ma è esattamente la cosa super simpa che avrei fatto io.
Se solo avessi avuto dei Melons.
Grazie, Dio, per avermi privato anche di questa occasione per vincere tutto.
Stronzo.