lunedì 31 dicembre 2018

Il proposito del non proposito






: il proposito di oggi è non scrivere propositi (ché mi sono anche un po’ stufata di prendermi per il culo ogni anno sbagasciando ogni mia aspettativa), il che è comunque un proposito, perciò avere come proposito il proposito di non scrivere propositi è, wow!, veramente da imperatore concettuale.
Complimenti, quindi, per la coerenza che non riesco a mantenere nemmeno in otto parole e buon anno, che per me sarà quello della crocifissione o dei trentini che entrarono a Trento o del dottore che vuole guardarti le tonsille, perciò champagne!
Ah, tolleranza zero per chi, oggi, dirà “Ci vediamo l’anno prossimo!”.
Auguri simpatici, come lui, come me.

venerdì 28 dicembre 2018

JeSuisUnBromatologo






: scenario A:
Frangianni: “Uè, Giancesco, quanto tempo! Come va? Che fai adesso?”
Giancesco: - Tutto alla grande, finalmente faccio il bromatologo!
Frangianni: “Wow, grande bomber, sono contento per te!”
E si congedano.
Tempo dopo, Frangianni incontra MariaBeota:
Frangianni: “Oh, ma lo sai chi ho visto? Giancesco. E lo sai che lavoro fa? Il bromatologo. Madonna che sfigato, non c’aveva proprio un cazzo da fare nella vita!
MariaBeota: - Ma davvero, ma puoi fare il bromatologo??? Il bromatologo è quello che... cioè sì, no?
Frangianni: “Eh... oh, ciao, devo andare stammi bene!”.

Scenario B:
Frangianni: “Uè, Giancesco, quanto tempo! Come va? Che fai adesso?”
Giancesco: - Tutto alla grande, finalmente faccio il bromatologo!
Frangianni: “E sarebbe?”
Giancesco: - In pratica analizzo il cibo, ne studio la composizione, la genuinità e l’alterazione!
Frangianni: “Wow, figata!”
E si congedano.
Tempo dopo, Frangianni incontra MariaBeota:
Frangianni: “Oh, ma lo sai chi ho visto? Giancesco. E lo sai che lavoro fa? Il bromatologo, che è un altro modo per dire che fa l’assaggiatore di cibo!”
MariaBeota: - Ahahah, ah quindi adesso il non aver voglia di fare un cazzo se non abbuffarsi si chiama “bromatologia”??? Madonna che sfigato, oh!

Scenario G (quello da me medesima auspicato):
I due deficienti, per aver deriso qualcuno senza aver capito niente di quello che fa, senza avere la minima idea di ciò che fa, soprattutto senza averglielo chiesto, finiscono all’ospedale per una grave infezione alimentare.
E muoiono.

Se sei arrivato fino a qua senza emorroidi da sforzo: l’hai capita la morale?
Lo sai che è grazie alla bromatologia se sappiamo cosa sia la salmonella?

mercoledì 26 dicembre 2018

Questo strano, caro, Natale






: oggi ho iniziato a mangiare a mezzogiorno e finito a mezzanotte con l’ultimo cioccolatino alla vaniglia di Giraudi Mon Amour.
Arrivo sotto casa con i pomodori secchi che mi escono dal naso e le noci dalle orecchie.
Sono ubriaca, più di cibo che di lambrusco.
Devo parcheggiare.
Non riesco, perché ho tutta la macchina appannata.
Non riesco, perché sono stanca.
Provo una manovra e attacco a ridere di debolezza.
Un signore sta fumando un sigaro, solo, sulla porta dell’hotel davanti a casa mia.
Mi sta osservando e, probabilmente, giudicando.
Così, faccio quello che faccio sempre: gioco sul sessismo a mio vantaggio.
Infatti, tempo un attimo e mi chiede: “Vuoi una mano?”.
Oh, sì, grazie caro!
“E se scappo?”
Non so se ti convenga, caro! Provo a fidarmi, comunque, caro!
Sale sulla mia macchina dicendo “Ah, le femmine!”, proprio così, testuale: FEMMINE.
Inizia, però, forse maledicendosi per l’iniziativa presa, a starnazzare come una gallinella:
“Come si spannano i vetriiiii?”
“Quanto mi manca dietrooooo?”
Tira dei pestoni sul pedale, arriva a un centimetro dalla macchina davanti.
“Va bene cosìììììì?”, mi chiede, in prenda al panico.
Va benissimo, caro, sei stato bravissimo!
“Come si spegne la macchina? Vabbè, te la lascio in moto!”
Certo, non preoccuparti! Grazie, mio caro eroe natalizio!

E così, in questo Natale strano, a cui dovrò abituarmi, ho reso felice una persona.
L’ho fatta sentire importante con la mia temporanea incompetenza.
E sono stata aiutata, comunque.
Basta poco, a volte.
E fa bene, a volte.
Anche se, domattina, dovrò togliere la macchina dal marciapiede.

lunedì 24 dicembre 2018

Buon Natale bis







: raga, auguri per questi giorni.
Vi auguro di poter assaggiare almeno un cucchiaino di felicità.
Felicità che, per me, aristotelicamente, equivale a realizzare la vostra parte più propriamente umana, ciò che vi distingue da un ciclamino e da una nutria.
Vi auguro di saper arrivare da un concetto A a un concetto B senza inciampare lungo la strada.
Di sapervi prendere la responsabilità dei vostri pensieri e delle vostre azioni.
Di saper rispondere ai vari “perché” che riempiono i vostri giorni.
Di potervi guardare allo specchio fieri, senza il riflesso dell’errore alle vostre spalle.
Di saper, almeno, ammettere di aver sbagliato e tentare di porvi rimedio.
Di saper ascoltare, con le orecchie della mente, le persone che dite abbiano importanza.
Di avere memoria, per le cose belle e per quelle brutte.
Di ricordarvi chi vi ha fatto bene e chi vi ha fatto male.
Vi auguro, soprattutto, una coscienza pulita.
Per il vostro bene.
Per il bene del mondo.
Perché non si può essere felici con la mente piena di merda.
Né rendere felici le persone che si amano.
Anche se si trattasse di amare solo se stessi e nessun altro.
Buon Natale.
Mangiate.
Bevete.
Copulate.
E riflettete.

martedì 18 dicembre 2018

Buon Natale






: l’anno scorso, di questi tempi, stavo aiutando mia nonna a fare l’albero: il nonno non poteva muoversi dal letto e serviva qualcuno per attaccare le decorazioni, qualcuno con le mani più o meno ferme, non agitate dalle notti insonni del periodo.
Fu un Natale di una potenza emotiva rara: sapevamo che, molto probabilmente, sarebbe stato l’ultimo tutti insieme.
Ciononostante, il mio stoico nonno si fece aiutare e si sedette a tavola per mangiare con la sua famiglia, come ogni 25 dicembre: abbiamo sempre preso molto seriamente il “Natale con i tuoi”, non è mai esistito che qualcuno non fosse a casa quel giorno.
Quest’anno, invece, qualcuno non sarà a casa.
Cause di forza maggiore gli impediranno di esserci fisicamente e, per la prima volta in trentadue anni, ci sarà una sedia in meno.
Oggi sono andata da mia nonna per pranzo.
Sono andata a piedi, avvolta nella mia adorata nebbia, e ho pensato a quanto questa settimana possa essere difficile per lei, con tutti i preparativi da affrontare, con tutti i ricordi da addolcire.
Mi accoglie dicendomi: “Questa settimana è un po’ così.”
Così di merda, vorrei dire.
Ma non lo dico, perché mi fa notare già un’altra cosa: “Ho messo gli addobbi, hai visto?”
Ho visto. Aveva bisogno di farlo da sola, penso.
E l’albero l’hai fatto, nonna?
“Eh, mah!”
Mi porta in sala e sì, certo che l’ha fatto.
Il solito, familiare, piccolo, alberello che vedo da trentadue anni.
È bellissimo, nonna!
“È sempre uguale, gioia. Non è cambiato niente!”
Già.
Qualcosa è cambiato.
Ma non è cambiato niente.

lunedì 10 dicembre 2018

Partenza intelligente







: **ATTENZIONE: POST SCRITTO IN PASSATO REMOTO**
quando ero una pubescente, un signore mi raccontò come fosse avere un amplesso con una trans.
(Ho sempre avuto la fortuna di trovare persone in grado di soddisfare ogni mia curiosità, per quanto precoce fosse. Ricordiamoci che, mentre i miei coetanei appena svezzati mangiavano la pastina in brodo, io mi facevo di gorgonzola.)
Quel signore, comunque, mi disse che la sensazione era quella di “limite”, come se si avvertisse una parete, o qualcosa del genere. Mi sembra di ricordare le sue esatte parole: “La vagina femminile è vasta, mentre una ricostruzione artificiale, in qualche modo, ti “limita”. Sì, disse così.
Non ci capii quasi un cazzo, ovviamente (la vagina vasta era un concetto a me nuovo e poi una “trans”, volendo essere precisi, ha ancora tutta la sua dotazione naturale.)
Ma, a naso, mi sapeva di minchiata: forse mi stava prendendo in giro -non era esattamente una persona affidabile- forse fare l’amore con una vagina ricostruita era uguale a farlo con una naturale o, forse, la tecnologia era davvero troppo arretrata a quell’epoca.
Boh. È una di quelle cose che non saprò mai.
Dovrò affidarmi, per forza di cose, all’altrui testimonianza: per quanto io sia empatica, immensamente empatica, “what is like to have a penis” mi rimarrà oscuro.
Ma quell’immagine, comunque, mi era piaciuta, mi fece riflettere.
E, negli anni, me ne appropriai, la feci mia: la applicai ai processi mentali.
Alcune menti hanno una potenza infinita: averci a che fare è paradisiaco, sul serio. Ragionare con loro è come cavalcare un razzo e scoprire nuove galassie. Verso l’infinito e oltre.
Altre, invece, sono funzionali, sì, ma si fermano a quello. Si percepisce il blocco, anzi, la diga (che suggerisce anche un’azzeccata rima). Lo fanno il 2+2, ma non si avventurano nel teorema. Si percepisce la loro finitezza.
Leggendo degli ultimi avvenimenti, mi sembra di avere a che fare con dei cervelli artificiali.
Belli, eh, ok, grande Siri che mi fai chiamare la mamma, ma è tutto così estremamente limitato.
Non c’è una visione di insieme, si ha bisogno di sezionare per incapacità di riflessione globale.
Ci si concentra unicamente su UNA cosa sbagliata e si guarda solo quella.
Nel caso dei morti in discoteca in attesa del “concerto” di Sfera Ebbasta è tutto sbagliato.
Non serve a nessuno piazzare dei MA strategici.
MA ha solo colpa chi ha usato lo spray se...
MA non ha solo colpa chi ha usato lo spray se...
MA ha solo colpa il locale se...
MA non ha solo colpa il locale se...
MA ha solo colpa il trapper se...
MA non ha solo colpa il trapper se...
È tutto, per un verso o per un altro, sbagliato.
Un po’ come il mio utilizzo dello schifoso passato remoto.

sabato 8 dicembre 2018

Ho spazio per un’indignazione alla volta







: c’è da indignarsi per mille motivi.
Per gli schiaffi mancati a uno che decide di seminare il panico con uno spray.
Per i locali di merda.
Per l’esistenza di una nuova figura, il trapper dall’osceno soprannome.
Però non c’è molto da dire: questo è il mondo. Un mondo che contribuiamo a far girare ogni giorno.
Con le varie pedagogie lassiste, con i vari escamotage alla sicurezza, ecc.
Questo è ciò che alimentiamo. E questo è ciò che ci teniamo: una serie di morti evitabili.
È una roulette russa, ormai.
Esci di casa e non sai se ci tornerai.
MA, io non ho spazio per altra indignazione se non quella che si sta consumando nella mia città.
Ho pochi neuroni, non posso permettermi di distribuirli.
Domani, ed è ciò a cui mi riferivo ieri, si terrà un incontro inquietante.
Perché, ufficialmente, è un’occasione per riflettere sul senso della vita.
Ufficiosamente, è un tentativo di far cambiare idea sull’aborto.
Infatti si svolgerà in una parrocchia.
La riflessione, quella profonda, è scevra di sacralità.
Senza voler cogliere il retrogusto truffaldino della faccenda, ché poi mi si dice che sono maliziosa.
Io non potrò essere presente.
Mi auguro che ci sia qualche pseudo-filosofo a fare le mie veci.
Perché, lo ripeterò finché il mio encefalogramma sarà piatto, se non hai mai letto i grandi pensatori, non solo quelli investiti di benefici ecclesiastici tu, sull’aborto, taci.
E qui mi fermo.
Mi auguro, però e ancora, che i canali di informazione che si sono premurati di sponsorizzare questo smacco alla razionalità, si interessino di organizzare anche un incontro con le testimonianze dei bambini nati senza essere voluti.
Voglio che raccontino di come siano cresciuti, con la consapevolezza di essere di troppo, senza soldi, né affetti.
Meglio che mi fermi davvero.

P.S. Per chi volesse portare l’Uh Signur pensiero: diciamo alla signora che è abbastanza facile fare dei sentimentalismi con l’”Ah, se mia madre avesse abortito non sarei qui!”. È ovvio che la domanda non sia “Avresti voluto morire?”, anzi, il problema è proprio quello: non nascere non equivale a morire. Ma cazzo parlo a fare, dovrei tirare in ballo Epicuro e ciao, se non ci vediamo più auguri.

venerdì 7 dicembre 2018

Un po’ forte







: purtroppo io c’ho il nichilismo che mi scorre nell’anima.
Un po’ è natura, un po’ sono le vicissitudini.
Fatto sta che io vivo in nero, in (quasi) ogni mio istante.
Insomma: sempre caro mi fu quest'ermo nero, e questo nero, che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il nero include.
Per questo ogni volta che qualcuno, dall’abbagliante sorriso beota, inneggia alla vitah positivah, io mi incupisco ancor di più.
Mi incupisco e mi irrito.
Ma poi mi intenerisco: stella, va’.
Che dolcezza, che genuinità (da vedere!), che ingenuità.
Come quella ragazza “sopravvissuta” all’aborto salino che parlerà, in una parrocchia, di come sia stata rinnegata come figlia, dei miracoli che ha visto con i suoi occhi.
Ed è un bene, per lei, che io non possa essere presente.
Perché la infetterei col mio, appunto, nichilismo, scetticismo, checchessiaismo.
Soffierei dell’antrace sul suo candore, sul suo immacolato e sgombro intelletto.
La ammorberei con annose questioni relative al senso, odiate dalle varie parrocchie, che non hanno gli strumenti adeguati per riflettere. 
Se sopravvivi, dove sta il tuo guadagno, come singolo?
Dove sta il nostro guadagno, come specie?
Può rispondere a questo, la tua piccola, putrida e  vacillante, autostima?
Può, ma in maniera sciocca e pruriginosa.
Ci vuole un gran coraggio per dire “Avrei potuto non esserci e invece ci sono!”, ci vuole una gran forza per affrontare i vari e fisiologici “Caspita, che culo!”.
Come ti invidio, creatura.
Invidio il bianco felice della tua pochezza intellettiva.
Davvero, eh.

mercoledì 5 dicembre 2018

Ti odio poi ti amo poi ti odio poi ti odio poi... suca!







: oggi: “Ah, cazzo!, ma io avevo commentato un post di X, come mai non mi ha più risposto?”
Beh, facile: perché mi ha bloccato.
Passo indietro, chissà di quanto:
tu e X siete “amici”, dentro e fuori Facebook.
X fa la merda, merda vera.
Fuori Facebook, perciò, non potete più essere amici (sei totalitarista, remember?).
Dentro Facebook sì, cazzotene.
X non è un X totalmente cretino, non ti dispiace leggere ciò che pubblica (a volte, eh).
E poi, notoriamente, tu c’hai il Facebook puttana: accetti tutti, dentro tutti.
X, però, scrive una cazzata. Proprio concettualmente, eh. Una minchiata oggettiva, una contraddizione in termini.
Glielo fai notare, come fai sempre, sia con chi ti ha ammazzato il pappagallo che con chi ami.
La ricostruzione, più o meno, è questa: 
X: “Il film su Freddy Mercury è una merdaaa!!1!”.
G: “Beh, anche scrivere FreddY è una merda!”.
E ti blocca.
Ti dispiace, ovviamente.
Non per la persona in sé (che la terra gli sia lieve!) ma perché la sua idea era così debole da vacillare per un commento del cazzo, fatto da una persona del cazzo.
E io, Giada, soffro per questo, raga.
Perché non date peso ai vostri concetti, né al nero su bianco, perché sudate freddo, perché i vostri pensieri scricchiolano.
Soffro molto, quando non tenete alto il dialogo.
Però mi diverto, anche.
Perché la mia piattaforma social è identica da dieci anni:
- Mi chiedono l’amicizia.
- Mi appoggiano (dai raga, su!).
- Per qualche motivo si incazzano.
- Mi bloccano.
Non è poi così male, in fondo.
Perché “in guerra tutti i giorni sono viva, sono come piace a me!” (Semi-cit).

domenica 2 dicembre 2018

La biuti rutin






: “Voglio fare anch’io delle maschere come fanno le ragazze gioiello che seguo su Instagram!!!”
-No.
“Ma perché non posso fare mai niente??? Voglio fare la skin-care coreana!!!”
-No.
“Ma la fanno tutte!!!”
-Tu no. Tu non puoi, lo sai. Inoltre, la skin-care coreana è una minchiata che hanno inventato per vendere più prodotti.
“Ma io...”
-No. Piantala.

E, invece, poiché io ribelle nasco e ribelle muoio (soprattutto quando si tratta di questioni così pregnanti), stamattina la maschera l’ho fatta.
Brava, cogliona.
Bravissima.
Adesso ho la faccia che va a fuoco, un herpes con l’estensione dell’Algeria e gli occhi che mi lacrimano, non vedo un cazzo e tutto questo sfocerà in una bella emicrania che durerà almeno tre orette.
Complimenti, cretina.

Date retta, raga, alle vostre mamme.
Soprattutto se ne sanno tanto e la gente le paga per dare quei consigli che voi non seguite.
Io, stando a vedere, non potrei mettermi nemmeno la crema su ‘sta faccia di merda che mi ritrovo.
Ma sono stupida.
Stupida e facilmente manipolabile, se a manipolarmi indirettamente è gente favolosa come Stephanie Glitter.
Perdoname, madre, por mi voglia di bellezza loca.