domenica 27 gennaio 2019

Il tuo compleanno senza te






: oggi avresti compiuto ottant’anni.
Avremmo fatto un bel pranzo, dei nostri, a casa, come a Natale ma senza panettone, con le paste, che saresti andato a prendere tu, nel solito posto.
Anche l’anno scorso ti abbiamo festeggiato di domenica, ma noi festeggiamo sempre di domenica, in effetti.
Ho voluto fare mille foto, stranissimo per noi, perché me lo sentivo, lo sapevo.
Sapevo che sarebbe stato il tuo ultimo compleanno.
Ti sei sforzato, con una dignità di cui spero di avere ereditato almeno un quarto, di essere presente, con il corpo e con la mente.
E ce l’hai fatta, solo che poi non hai retto e, da quella notte e per una settimana, mi hai aiutato a comprendere il vero significato del termine “agonia”.
Va così per alcuni concetti: devono massacrarti, distruggerti, perché tu li faccia tuoi.
Oppure va così solo per me, per il mio masochismo, per il mio sacrificare la mia stabilità mentale in favore della comprensione.
Che me ne farò mai, poi, di tutta ‘sta comprensione?
Nulla.
Il nulla, più fitto e inutile che mai.
Nulla ho combinato, nulla ho costruito, nulla ho creato e nulla ho desiderato. Il nulla.
E di questo nulla, l’unica cosa che mi fa davvero sentire male è il non averti conosciuto abbastanza, dedicato abbastanza.
Forse avresti apprezzato le cose che penso.
Forse avresti apprezzato le cose che scrivo.
Forse le avresti avute a cuore.
Mi piace pensare che sia così.
Mi piace pensare che, almeno tu, non ti saresti lamentato della quantità delle mie parole, della macchinosità dei miei pensieri.
Avresti apprezzato il mio sarcasmo, questo sì, perché l’ho preso da te.
Avresti, o forse no.
Non lo saprò mai.
Ma niente tristezza, oggi.
Oggi avresti compiuto ottant’anni.
E io un regalo, forse, te l’ho fatto.
Perché te l’ho promesso.
E io, nel nulla che sono diventata, nel nulla che ho costruito, nel tutto che ho demolito, almeno una cosa la so fare: io le promesse le mantengo.
Mi massacro, mi distruggo, mi sevizio.
Ma io le promesse le mantengo.
Buon compleanno, mio adorato nonno.
Spero tu non mi stia guardando, ma spero che tu mi stia sentendo.

venerdì 11 gennaio 2019

Amore è






: l’amore è quella cosa tipo quella che io provo per Aristotele, che quando attacca con le sue dimostrazioni io non lo seguo e mi prende l’emicrania e dico MaCheCazzo,Ari!, ma mi bombo di Synflex e mi sforzo, e lo leggo e lo rileggo, e mi sforzo, tanto da spappolarmi la testa, e lo sudo, e lo trasudo, ma alla fine lo capisco, oh, se lo capisco, e dico MaQuantoCazzoÈBelloCapirti,Ari!.
E quanto cazzo è bello amarti.
Questo è.

martedì 1 gennaio 2019

Punto in comune fra fine e inizio: la merda








: accadde ieri:

Emicrania: “Hey, G, com’è? Tutto ok?”
G: - No, eh. Mollami.
Emicrania: “Ma come? Volevo salutarti e augurarti uno splendido inizio!”
G: - Sì, ok, grazie, a te e famiglia. Ora vattene, ho mille cose da fa... Ahia, cazzo. Aahjdggfbedbdnf aghbdgendhbastardaemicraniainfame.
    ~.~.~ quattro ore dopo ~.~.~
Emicrania: “Psss, G?”
G: - Cazzo vuoi ancora?
Emicrania: “Ci vediamo l’anno prossimo!”

L’anno prossimo (cioè dopo la mezzanotte di capodanno):

Appendice (o checchessia, da definirsi con un’ecografia): “Hey, G!”
G: - E tu chi cazzo sei? Cosa vuoi?
Appendice: “Ti stai divertendo?”
G: - Beh, vedi tu!
Appendice: “Io mi annoio, vorrei fare qualcosa!”
G: - Non è un mio problema. E io vorrei ballare, se non ti dispiace...
Appendice: “Sìììì, balliamo!!! Ballo anch’io, balliamo insieme!!!”
G: No, noooo, aaajgydfghegsbcplrst.

Buon anno.
A me e alla mia famiglia di simpatici organi interni.