: una famiglia anglo-australiana decide di vivere in mezzo al bosco con i suoi tre figli, una femmina di 8 anni e due gemelli di 6.
Si intossicano con dei funghi e finiscono all’ospedale.
Scatta il protocollo, scattano gli accertamenti, i bambini vengono portati via da casa.
Salvini e Meloni (con mezza Italia al seguito) indignatissimi. Perché? Perché ai rom i figli non li tolgono.
Perciò stanno organizzando una spedizione per valutare l’operato del tribunale per i minorenni dell’Aquila. Il che fa già riderissimo: è lo Stato che cazzia se stesso.
Vorrei esserci nel momento in cui arrivano lì, davanti ai cavi scoperti, il cesso fuori senz’acqua e le galline che cagano in casa: praticamente un campo rom senza televisioni rubate (che noi sappiamo).
Vorrei proprio vedere le loro facce. “Ops”.
Perché, amici, quella che commettono (commettete, a giudicare da quello che leggo) quando dicono (dite) “Tolgono i figli a quella brava famiglia e non ai rom!”, sottintendendo che dovrebbero toglierli ai rom MA NON a quella famiglia, è una fallacia.
Una fallacia anche di quelle proprio basse, noiose, stimolo-repellenti: è una falsa dicotomia, per la quale si trattano come alternative due cose che non lo sono, si scambia la disgiunzione per un aut-aut.
Che palle.
Per sciogliere questo noiosissimo nodo concettuale basterebbe conoscere la differenza tra “o”, congiunzione disgiuntiva, ed “e” congiunzione copulativa.
Si impara, credo, alle elementari.
La faccio facile: dovrebbero valutare SE togliere i figli ai rom E a questa brava famiglia. Una cosa non esclude l’altra.
Certo, la storia della coppia privilegiata, caucasica, che sceglie di allontanarsi, con i suoi bambini biondi, dalla vita frenetica e dai diktat della società contemporanea (scegliendo però, guarda caso, il paese in cui notoriamente si può fare il cazzo che si vuole più che in altri, soprattutto quelli anglofoni) ci tocca emotivamente molto più di quella dei ladruncoli sporchi, senza radici, che ci rubano in casa.
Tutti odiamo i cazzo di rom.
Ma c’è davvero questa grande differenza, dal punto di vista pedagogico?
Perché raga, siamo qui per questo.
Perché la domanda non è se sia giusto che una famiglia di hippie decida di ritirarsi in un bosco senza nemmeno conoscere i suoi pericoli: cazzo ce ne frega, ma che confondano i funghi allucinogeni con quelli tossici quanto gli pare.
La domanda è se sia giusto costringere all’eremitismo anche dei bambini.
Ed è inutile che buttiate un occhio alle creature o gli chiediate se siano felici: la risposta sarebbe la stessa di un bambino rom, ovvero “Sì perché amiamo mamma, papà, le nostre galline e allontanarci da una società in cui non crediamo, salvo poi pretendere di essere curati all’ospedale”. *
Semplicemente non conoscono alternative.
Siamo animali sociali, per quanto mi inorridisca ammetterlo.
Abbiamo bisogno, come necessità trascendentale, dell’alterità.
Senza l’altro-da-noi non progrediamo, come esseri biologici e intellettivi.
Poi possiamo scegliere, in età adulta, di ritirarci a vita eremitica. Ma il bambino ha bisogno dei suoi pari.
E soprattutto ha bisogno della scuola.
Non, appunto, perché sia indottrinato con nozioni obsolete, ma perché deve essere a contatto con l’altro per la formazione del suo pensiero critico.
L’homeschooling è permesso in Italia (che schifo) ma deve essere dichiarato e ogni anno bisogna sostenere degli esami per garantire, almeno, che il linguaggio stia progredendo, che l’individuo stia evolvendo e non involvendo.
Se no non stai crescendo dei bambini, ma delle bestiole.
Che, magari, fra un po’, non sapranno la differenza tra “o” disgiuntiva ed “e” copulativa e manderanno a puttane il paese.
* Sì, risponderebbero esattamente così.
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