mercoledì 25 febbraio 2015

Scusami, mammina, per la mia vita pazzerella






: sono in treno, come ogni giorno della settimana.
E già questo dovrebbe bastare a farmi innervosire perché, come tutti i pendolari ben sapranno, il treno entra nelle ossa e rende irrequieta l'anima.
Davanti a me una coppietta (della quale potrei svelare alcuni particolari sull'inequivocabile stile di vita ma verrebbero letti come "componente pregiudiziale", perciò evito) si profonde in limoni duri e contorsionismi vari abbastanza fastidiosi, tra lo "slap slap" delle lingue che sbattono l'una contro l'altra e le gambe della fanciulla che sporgono e bloccano il passaggio nel corridoio della carrozza.
Un signore, appunto, vedendo dei piedi agitarsi davanti a lui, si spaventa e si gira di scatto verso la coppia.
Allorché (allorché!) il fanciullo riesuma il caro vecchio "cazzoguaddi?", che io credevo fosse sparito in un buco nero con il mangiacassette e la gommina.
Il signore, ovviamente, non ci sta a farsi bulleggiare da una mezza sega in piena rivolta ormonale, e gli spiega (fin troppo gentilmente) che la sua ragazza sta bloccando il passaggio.
A seguire: "vecchio di merda", "facciamo il cazzo che vogliamo", "non mi devi guardare la donna", ecc.
Il signore se ne va, probabilmente per non rompergli mandibola e setto nasale.
Dopo qualche minuto entra in scena il controllore che, da come si evince sagacemente dal nome, è lì per controllare il biglietto.
Io ce l'ho, la mia vicina ce l'ha, una signora anziana ce l'ha, i due coccodrilli (l'orangotango, i due piccoli serpenti, l'aquila reale, il gatto, il topo e l'elefante) ce l'hanno, mentre gli unici che ne siano sprovvisti sono i due leocorni dalle lingue instancabili che qui, al contrario della canzoncina, ci sono e danno pure fastidio.
Il controllore chiede loro dove scendano, i due rispondono "alla prossima" e lui fa finta di niente, alzando le spalle e andandosene.
Quando si allontana, la coppietta inizia a ridacchiare giuliva, come Margot e Lupin dopo aver intercettato una partita di diamanti sudafricani.
Inoltre, dulcis in fundo, l'anziana signora è un'ora che si lamenta per il freddo (ma ci sarà mica l'aria condizionata? Starà mica covando l'influenza? Sentite anche voi questi spifferi? Vedete anche voi la gente morta?) e il bulletto, per tutta risposta, le spalanca la finestra di fianco perché, forse, vorrà accendersi quella roba che si è appena girato.

Ora, sinceramente, per quanto uno possa ricordare a se stesso come l'abito non faccia il monaco (mah!), per quanta pazienza uno possa avere, per quanta comprensione si possa rivolgere ai teneri germogli della società (e ai dolci statali che dovrebbero far rispettare le regole e invece ponziopilatano), come si fa a non voler riscrivere il Mein Kampf? Come?

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