lunedì 17 agosto 2020

Non toglietemi i bagordi

 



: raga, vi vedo caldi sull’argomento “Chiusura discoteche”. 

Due i team:

1. Era ora, non avrebbero nemmeno dovuto riaprirle!

2. Che due coglioni!

Il team a cui appartengo è abbastanza palese.

E, se appartenessi al primo, semplicemente, mi camperei giù da una rupe.

Perché vorrebbe dire che tutto il tempo che ho passato a leggere e a pensare sarebbe stato meglio se lo avessi investito nella raccolta delle patate.

Sei un deficiente se dici “Era ora, non avrebbero nemmeno dovuto riaprirle!”.

Perché?

Perché l’aumento del numero dei contagi non è dovuto all’apertura delle discoteche. 

Facile e logicamente piuttosto evidente.

Basterebbe semplicemente andare a informarsi sui focolai.

Basterebbe non avere il cranio a gruviera e chiedersi dove cazzo siano scoppiati.

UN solo focolaio è scoppiato in discoteca, a Vercelli, perché un genio dominicano ha impestato tutti i suoi connazionali.

Gli altri focolai riguardano centri di accoglienza, caserme, ospedali, parrucchieri, stabilimenti balneari, ecc.

E il problema non è il DOVE ma il PERCHÉ: la maggior parte dei focolai sono dovuti a gente che è tornata dalle vacanze in luoghi in cui il virus è ancora bello attivo.

Fossimo rimasti tra noi, tutti pizza e mandolino, avremmo pure potuto organizzare orge pubbliche nelle piazze e non sarebbe successo nulla.

Perciò “Era ora, non avrebbero nemmeno dovuto riaprirle!” è un’idiozia, visto che le discoteche sono aperte da più di un mese: se la colpa dell’aumento dei contagi fosse stata degli assembramenti saremmo piazzati come a marzo.

Anzi, il dato “zero contagi con discoteche aperte” dimostra proprio la tesi opposta, altro che “Era ora, non avrebbero nemmeno dovuto riaprirle”. 

E non nascondiamoci nemmeno dietro all’ipercitato “scopo preventivo”.

“Prevenire”, dal latino Praevenire, significa “venire prima”.

Prevenire è non permettere alle persone di andare e venire, senza controlli, da paesi impestati come ratti e piccioni.

Così è metterci ‘na pezza, un arginare malamente.

Che, d’accordo, non è esattamente come mettersi il preservativo dopo aver scopato (il paragone non regge, anche se la battuta fa ridere) ma è come sputtanarsi lo stipendio in coca e mignotte all’inizio del mese e risparmiare sul cibo per arrivare alla fine.

È un tentativo, ok, ma fastidiosamente paraculo.

E ve ne dovreste accorgere, invece di esultare.

Godere per la distruzione dell’intrattenimento equivale a legittimare l’espropriazione della nostra felicità: mangiare dormire e cagare sono bisogni necessari ma non sufficienti.

Anche uno schiavo mangia, dorme e caga, per dire.

Pensateci.


(Tanto non pensate a un cazzo.)

giovedì 13 agosto 2020

Vakanze in Itagliah!



: vi vedo caldi sull’argomento “Quest’anno è doveroso fare le vacanze in Italia!”.

Obbligo morale, naturalmente.

E, premetto, io sono d’accordo.

MA (eh, beh, checcredevate?).

Ma prima bisogna un po’ decidere di che natura vogliamo che sia quell’obbligo morale: è per la tutela economica del nostro paese o sanitaria?

Perché, se si parla di economia, ha perfettamente senso preferire di spendere i propri soldi nel proprio paese, abbastanza provato dalla pandemia.

Ma se facciamo un discorso diverso, se la nostra è paura dell’aumento dei contagi, dovremmo prima avere un’opinione formata riguardo al Covid.

Se fino a stamattina abbiamo urlato al mondo che “non ce n’è coviddi”, non possiamo dire al nostro vicino di casa che è un coglione perché è andato con le balle al sole in Croazia.

Perché tanto non ce n’è Coviddi, no?

Tanto è tutto un complotto internazionale, no?

E attenzione anche a dire che in Italia “non ce n’è PIÙ coviddi”, perché se non c’è più e prima c’era, significa che le misure adottate dal Governo hanno avuto un senso. Perciò il Governo sarà sì ladro, ma un ladro che ci ha guarito il culo. 

Possiamo pensare e dire tutto, raga.

Ma se prima abbiamo detto “A!” e il secondo dopo abbiamo detto “Non A!”, senza spiegare il repentino cambio di rotta, beh, siamo credibili come quelli che ordinano tre McMenu ma prendono la Coca Zero perché sono a dieta.

Io, alla domanda “L’obbligo morale di fare le vacanze in Italia è mosso da tutela economica o sanitaria?” risponderei, ovviamente, “Da entrambe”.

Sul piano economico, è innegabile che abbiamo subito una mazzata mai vista.

Perciò anche sì aiutarci l’un l’altro.

(Ah, già che ci siamo: finitela un po’ di fare i brillantoni chiedendo “Ma come? Piangevi perché non hai lavorato tre mesi e vai in ferie?”.

Finitela di insinuare cose: i lavoratori autonomi non hanno lavorato tre mesi, punto. Questo è innegabile, indipendentemente che uno decida poi di farsi qualche giorno fuori dai coglioni!).

Poi, anche sul piano sanitario direi che rimanere in Italia potrebbe essere una scelta quantomeno saggia.

Perché è vero che io ho partecipato a un flash mob senza mascherina (rischiando, per altro, di far crollare il nostro stupendo ponte!) ma è anche vero, appunto, che siamo in Italia, dove i contagi si sono drasticamente ridotti.

Andare in Spagna o dove salcazzo, dove hanno gestito l’emergenza virus come io gestivo il mio Tamagotchi facendolo annegare nella sua merda, e rischiare di ammalarsi o, almeno, di farsi una quarantena, non mi pare proprio sherlockissimo.

Poi, insomma, vedete un po’ voi.

lunedì 10 agosto 2020

Credo di sapere





: verificare una notizia è compito assai arduo, per noi comuni mortali.

Sia perché non abbiamo accesso alla totalità delle fonti, sia perché talvolta è uno sbatti incredibile.

Insomma, ci sono cose che non possiamo sapere e ci sono cose che possiamo sapere ma con estrema fatica.

Per esempio, se uscisse la notizia che nella giornata di ieri, in Italia, sono stati venduti settecentocinquantamila gelati, io potrei verificarla: potrei contattare tutti gli esercizi di somministrazione del nostro paese, supermercati inclusi, e vedere (ammesso che siano informazioni che possono essere divulgate) se effettivamente la notizia sia vera o si avvicini al vero (il numero dei gelati potrebbe essere settecentoquarantacinquemila e comunque non distruggerebbe la credibilità dell'informazione).

Certo, sarebbe uno sbatti non indifferente, ma se il fatto che siano stati venduti settecentocinquantamila gelati mi sta così a cuore, se mi provoca spasmi nell'animo tanto da insozzare i social con la mia indignazione, beh, lo potrei fare (io ho fatto davvero di peggio, in termini di "amore per la verità").

Informarsi, in generale, richiede sbatti. Di diversa intensità, ma comunque sbatti.

Se non ho sbatti di fare quello sbatti, sono simpatico e carino lo stesso, ma sono un ignorante con un bagaglio di informazioni non verificate, quindi non attendibili, quindi cacca. Non cacca io, eh, cacca le mie non-conoscenze.

E dovrei, almeno, tacere.

Perché, e qui esce prepotente la mia vocazione, non si può parlare di conoscenza, se quel che so non corrisponde al vero. Io non so veramente, io non conosco: io credo di sapere, credo di conoscere. Ma stocazzo conosco, stocazzo so.

Esempio: "La capitale d'Italia è Alessandria, lo so!"

Eh, stocazzo sai. Tu credi che la capitale d'Italia sia Alessandria ma se avessi lo sbatti, di livello humus, di fare un minimo di ricerca, ti accorgeresti che quello che credevi di sapere in realtà è una minchiata.

E "Capitale d'Italia" è un dato facilmente verificabile. Ci vogliono nemmeno dieci secondi. Infatti è la classica domanda per cui utilizzare l'aiuto da casa. 

Per altre cose, invece, ci vuole un po’ più di sforzo. 

Minimo anche quello, eh, per gli alfabetizzati, però capisco che si tratti di un impiego di forze maggiore rispetto al leggere gli ingredienti del detergente intimo quando si caga senza aver portato il cellulare in bagno. 

Che ne so, tipo leggere un decreto.

Non sono i Nomoi di Platone ma non è nemmeno Moccia, ci vuole un minimo di impegno.

Se, però, vogliamo verificare che la notiziona che abbiamo appreso da Noncielodikono.com e che ci ha scosso così tanto da doverla condividere coi nostri contatti, sia credibile oppure no, beh, dobbiamo leggerlo.

Tenendo conto anche del tipo di notizia che ci ha così indignato: se tira in ballo l’interpretazione o un mero dato.

Se tira in ballo l’interpretazione, auguri.

Ma se si tratta di un mero dato, raga, verificarla non è così difficile. Non dopo la seconda elementare, almeno.

Tutto questo per dire (sì, le mille parole scritte finora sono del tutto superflue!) che, no, non c’è traccia nel decreto del 7 agosto del fatto che non possiamo guardarci negli occhi da settembre, per il prolungamento dello stato di emergenza.

Non c’è scritto.

Non c’è scritto nemmeno che i bambini dovranno indossare i caschetti da minatore.

E nemmeno che verranno ammazzati gattini a scopo preventivo.

Lo sapreste, se sapeste leggere.

Lo sapreste, se voleste leggere.