martedì 20 ottobre 2020

Priorità


: il neo-sindaco di una cittadina qua vicino si è subito dato da fare per risolvere le questioni pregnanti ed esistenziali che tolgono serenità ai cittadini e che impediscono loro di esplicitare tutte le funzioni vitali, sia a livello psichico che fisiologico: rimettere il crocifisso negli uffici comunali.

Che capo carismatico!

Che avanguardista!

E che uomo: ci vogliono i coglioni per ripristinare cotanto “simbolo della tradizione e dell’identità nei secoli”!


Nel senso che ci vogliono proprio i coglioni.

Anche uno solo: ci vuole proprio un coglione.


: il neo-sindaco di una cittadina qua vicino si è subito dato da fare per risolvere le questioni pregnanti ed esistenziali che tolgono serenità ai cittadini e che impediscono loro di esplicitare tutte le funzioni vitali, sia a livello psichico che fisiologico: rimettere il crocifisso negli uffici comunali.

Che capo carismatico!

Che avanguardista!

E che uomo: ci vogliono i coglioni per ripristinare cotanto “simbolo della tradizione e dell’identità nei secoli”!


Nel senso che ci vogliono proprio i coglioni.

Anche uno solo: ci vuole proprio un coglione.

martedì 13 ottobre 2020

21 non più 21

 


: ho quel pallino lì, dell’ossessiva ricerca della motivazione, dell’intenzione, di ciò che muove.

Nelle “cose umane”, eh, senza tirare in ballo il Divino o il fine ultimo.

Non credo al caso, nelle cose umane.

Non credo al “perché sì!” o al “perché no!”.

C’è un cazzo di motivo per cui pensiamo, diciamo e facciamo.

La mente umana non funziona ad minchiam: è mossa, salvo patologie, da dei bei “perché” giustificabili, più o meno coscientemente.

Questo, almeno, è quel che credo (adesso).

Per esempio, il lapsus.

Dio, come mi esalta il lapsus!

Perché dico “albero” quando vorrei dire “sedia”?

L’adorone che mi prende. Ma non è questa la sede.

Altro esempio, materiale, banale, quasi triviale (che col lapsus c’entra zero): perché si possono invitare massimo sei persone a casa, come misura di contenimento Covid?

Perché proprio sei?

C’è un motivo, eh.

Non è che quattro coglioni si siano seduti a un tavolo e, tipo tombola, abbiano convenuto che il sei fosse un numero adatto.

Lo stesso per gli invitati a una cerimonia: trenta.

Cioè, perché proprio trenta?

Ugualmente per gli orari da rispettare: dalle 21 non si possono più consumare bevande in piedi.

Come mai?

Da dove sono tirati fuori, ‘sti numeri?

Ci saranno dei calcoli sotto, degli studi, delle prove, una logica.

Non è che uno dica:

“Oh, Giuse, che numero ti piace?” 

- Mah, non so, gli anni di Cristo meno tre! Trenta!

“Ok. E a te, Roberto, che numero piace?”

- Boh, il sei, ché se lo ripeto tre volte davanti allo specchio non c’ho bisogno del Cialis.

Cioè, non succede così.

Ci sono dei motivi, giustificabili e sensati.

Ci sono dei motivi, dai.

Ci saranno dei motivi, no?


(Dopo leggo le venti (perché proprio venti?) pagine di decreto. Voi le avete lette, giusto?)

giovedì 8 ottobre 2020

Sincerità... è un elemento imprescindibile



: e, dopo Vanessa, anche Arisa ha voluto dare il suo contributo a quel nonsenso nero su bianco che è il #bodypositive (con 71.000, SETTANTUNOMILA!, mipiace).

Lei, Rosaria (il cui cognome è simile al mio ma fa riferimento a un selfie sessuale più che all’assunzione di droghe) a Venezia rilasciava interviste dicendo “Io mi piaccio così come sono” e due giorni fa si è messa “a nudo” - che ormai significa “senza filtri Instagram” - attraverso un post in cui blaterava frasi sconnesse che sembravano stralci di una canzone di Adele, che riassumerei con “L’abito non fa il Monaco”, “Non è bello ciò che è bello, è bello ciò che piace”, “La società fa schifo” e “Basto a me stessa”.

E non sarebbe una cosa fastidiosa, questa esternazione, per quanto sempliciotta e fanciullesca, anzi: il pensiero positivo ha effetti pruriginosi su di me ma capisco che qualcuno, con un’anima meno nebbiosa della mia, ne abbia bisogno e ne tragga giovamento.

Ma.

Ma tu non puoi esserti rifatta anche il buco del culo e asserire che ti piaci così come sei.

Puoi dire che ti piaci adesso, così come sei diventata.

Ma non fare la morale su quanto non si debba essere schiavi della perfezione esteriore quando sei diventata l’ennesimo prodotto dell’omologazione estetica tipica della nostra epoca: stesse labbra, stessi zigomi, stessi trucchi, stesso impatto.

Certo, uno si può redimere e tornare sui suoi passi, ma se non ha niente di illuminante da dire, che taccia.

Se quello che hai da dire non è simile a un discorso che farebbe un ex tossico, taci, Arisa.

Anzi, canta.

Perché è quello che, credo, tu sappia fare.

Sono anche un po’ stufa di chi sfrutta la sua posizione di rilievo, la sua risonanza mediatica, per dire delle boiate.

È come se uno avesse la possibilità di apparire a reti unificate per un momento e ruttasse.

Anzi, no.

Perché un rutto in faccia al mondo sarebbe poco edificante ma irriverente, cazzuto, troppo simpa.

Quello che fa la gente come Arisa è uguale alla desiderata pace nel mondo delle aspiranti Miss Italia: stupida, noiosa, banale e allergizzante.