giovedì 26 novembre 2020

La mano di Dio per noi agnostici



: "Era il Dio del calcio MA era un cocainomane, un evasore fiscale e picchiava la compagna".

 "Era un cocainomane, un evasore fiscale e picchiava la compagna MA era il Dio del calcio".

Dipende da cosa ci preme svalutare attraverso quel MA.

Dipende da cosa siamo disposti a tollerare in favore di qualcosa che, per noi, vale di più.

Dipende da quanto e cosa siamo disposti a giustificare.

Dipende, anche, un po' dal tipo di persona che siamo.

Io, per esempio, sono solita dividere quello che è l'artista da quello che è l'essere umano.

Preferisco farlo quando, più che di arte, si parla di intelletto, ma mi capita spesso di posizionare quel MA prima dell'abilità della persona, se è un'abilità straordinaria.

Per esempio, si dice che Michael Jackson fosse un pedofilo. Ammesso che fosse vero, questo potrebbe sminuirlo come Re del Pop?

Che cazzo di domanda: certo che no!

Ma potrebbe sminuirlo come persona? Eh, dipende da noi e dal peso che ha per noi l'immoralità dell'essere un pedofilo.

Io, forse per l'amore viscerale che provavo per Michael Jackson, non ho mai creduto che fosse un pedofilo e quando è morto ne ho fatto una malattia e l'ho celebrato per mesi. Non solo ho celebrato l'artista, ho celebrato proprio l'essere umano.

Se avessi creduto all'accusa, alla sua morte, non avrei sprecato lacrime e commozione: mi sarei limitata a dire "Era davvero un bravo performer." Punto. Perché, per me, la pedofilia non ha scusanti, per quanto sia una condizione patologica: posso riconoscere la tua abilità ma, abbi pazienza, il post strappalacrime non te lo dedico.

Sarebbe sempre cosa buona e giusta dividere l’artista dalla sua arte ma, soprattutto quando entra in gioco un sentimento di appartenenza, non  sempre è facile e non sempre è possibile.

Ieri, e state continuando oggi, voi non avete celebrato "Maradona calciatore", voi avete celebrato "Maradona uomo". 

E ci sta ma, appunto, dipende.

Dal tipo di persona che celebrate.

Dal tipo di persona che siete.

A me, il tuo saper fare le piroette con la palla in mezzo ai piedi non basta per elevarti a Dio. E, soprattutto, non mi basta per abbuonarti l'essere violento, il seminare figli in mezzo mondo, ecc.

Riconosco il tuo essere un gran fenomeno ma mi fermo lì, non mi consumo le papille a forza di leccarti il culo: non vali, per me, come uomo.

E nemmeno vale così tanto la tua arte perché 1) non sono napoletana e questo fa tanto, se si parla di idolatrare Maradona e 2) non sono innamorata del calcio: mi piace guardarlo ma non mi scuote l'anima.

Farei più fatica a non mescolare uomo e “arte” con Aristotele, però: se fosse morto all'epoca di Facebook, io probabilmente mi sarei uccisa avviando una diretta, perché non solo avrei celebrato anche l'uomo e non meramente il filosofo, ma mi sarei anche chiesta come sarebbe stato possibile continuare a vivere in un mondo senza di lui; l'essere testa di cazzo di Aristotele passa davvero in secondo piano rispetto a ciò che ha donato all'umanità.

Per me.

Perché, appunto, dipende da che tipo di essere umano scegliamo di celebrare.

Da che tipo di essere umano scegliamo di essere.

martedì 17 novembre 2020

ASLRRETA

 



: per lavoro, ho dovuto prenotare una decina di test sierologici all'ASL, test gratuiti perché richiesti da personale non docente che, per poter iniziare a lavorare nelle scuole, deve avere esito negativo.

Dieci chiamate, dieci procedure diverse. 

E prima: "Serve la mail di conferma!".

E poi: “Assolutamente non mandi mail che intasa il sistema!".

E prima: "Mi servono solo i dati di chi si sottopone al test!".

E poi: "Deve darmi anche i suoi dati!".

E prima: "Ma è sicura di aver fatto il numero giusto?".

E poi: “Non ci sono altri metodi per prenotare il sierologico per le scuole, questo è l'unico numero esistente!".

Ecc.

Adesso ho dovuto chiamare per l'undicesima volta e, dopo aver atteso 40 minuti, la conversazione è stata la seguente.

- Buongiorno, sono del XYZ, ho prenotato presso di voi una decina di test sierologici e...

"QUI NOI NON PRENOTIAMO TEST SIEROLOGICI, NON è POSSIBILE CHE ABBIA FATTO QUESTO NUMERO!"

- Le assicuro che il numero è questo e che ho sempre prenotato qui ma non importa perché io volevo solo...

"NON è POSSIBILE! AVRà MANDATO LA MAIL A XXX!"

- Le dico di no, signora, ma, ripeto, non è importante adesso perché adesso ciò che mi serve è...

"QUESTO è IL PUNTO INFORMATIVO COVID!!!"

- Un'informazione. Adesso voglio solo una cazzo di informazione!"

"AH, PREGO, MI DICA! E COMUNQUE NON è POSSIBILE CHE CI ABBIA CHIAMATI PER PRENOTARE TEST SIEROLOGICI!"


Ecco come farmi sguinzagliare la bestia, lo spirto guerrier ch'entro mi rugge.

"Non è possibile che...”.

Ecco, quando mettono in dubbio quello che dico utilizzando la formula "Non è possibile che...", come a volermi smascherare ma al contempo mascherare la propria incompetenza, ecco, lì mi incazzo.

Perché in questo momento storico chiamare il centralino dell'ASL è come chiamare il centralino della CIA e chiedere delucidazioni sull'area 51.

Perché noi comuni mortali non sappiamo un cazzo e non c’è verso di capire il criterio per non annegare in questo mare burrascoso di informazioni contraddittorie.

Perché anche quando siamo certi di ciò che facciamo, arriva l’incompetente che ci mette in dubbio.

Perché siamo un paese di merda che non riesce a progredire: negli uffici pubblici manteniamo ancora le cariatidi con la demenza senile e, quando assumiamo, assumiamo dei deficienti.

Perché non è la pandemia, è la genetica: facciamo schifo al cazzo.

Siamo marci a tutti i livelli.

E, cara impiegata, l’unica cosa “NON POSSIBILE” è farti resuscitare dopo che mi sono cibata dei tuoi organi interni, dissetandomi con le provette dei test che ho prenotato chiamando a quel cazzo di numero.

venerdì 6 novembre 2020

Di novembre, il sei

 


: sarei la stessa persona se avessi vissuto diversamente il sei novembre del ‘94?

Se quella domenica mi fossi svegliata a casa mia, al Cristo, e non dai miei nonni, in viale Milite Ignoto, per esempio.

Senza quell’ingombrante esperienza nel mio bagaglio, sarei la stessa?

Sicuramente vivrei i primi giorni di novembre in maniera molto diversa.

Sicuramente i miei sogni sarebbero meno movimentati o, almeno, non così impetuosi.

Perché non puoi nemmeno immaginarlo, quell’impeto, se non l’hai vissuto.

La potenza dell’acqua la devi toccare, ti deve investire, per riuscire a fartene un’idea. La tua mente non può inventarsela.

Così come la sensazione di camminare in un fiume in piena coi vestiti addosso. Quell’attrito, quella forza attanagliante.

Così come quell’odore, quell’odore di fango e benzina, che ti entra dal naso e ti arriva allo stomaco.

Così come quel silenzio rotto solo dalle sirene.

Così come l’essere salvati, tratti in salvo.

Così come gli occhi di chi ti credeva persa per sempre.

Sarei la stessa, certo.

Stessa tendenza a pormi domande senza risposta.

Stesso petulante patrimonio genetico.

Ma non avrei questi ricordi.

Per questo, finché il mio cervello terrà botta, io, ‘sto giorno, lo voglio celebrare.

Io, ‘st’alluvione, lo voglio ringraziare.

giovedì 5 novembre 2020

Zona rossa

 



: i primi di novembre sono quei giorni in cui la mia emotività, già normalmente pressante, si fa quasi invalidante.

Ieri, dopo che sono state assegnati i colori delle zone e comunicate le nuove ridicole misure, mi si è stretto il cuore a leggere i post di tutti i commercianti, che comunicavano che oggi, ancora oggi, sarebbero stati aperti.

L’aggrapparsi a un giorno in più fa riaffiorare in me ricordi che bruciano ancora.

E il fatto che si debba quasi essere riconoscenti, per questo giorno in più che sa di presa per il culo, è qualcosa che mi fa soffrire.

Soffrire, incazzare e, soprattutto, inquietare.

Mi inquietano, le versioni “light”.

Perché la Coca-Cola fa male, è vero.

Ma la Coca Zero è subdola: ti uccide pulendoti la coscienza con l’acido.

Questo lockdown “light” e questa penna magica, che ha colorato le regioni senza né sentimento né ragione, non hanno un senso.

E io ci vivo, per il senso.

E io ci muoio, dentro, molto spesso, per il senso.

Qui di senso non ce n’è.

C’era, un tempo, protetto dalle parola “tutela” e “precauzione”.

Ora no.

Ora è un circo senza spettacolo, solo animali domati con frusta e sangue.

E mi dispiace che non venga posto il dubbio razionale.

Solo servile accettazione o, al contrario, improduttiva indignazione.

Sono molto, molto, dispiaciuta.

Per noi, tutti.