mercoledì 27 marzo 2019

Ricordatevi i divieti!






: durante il weekend non dormo perché penso di avere ancora vent’anni e mi do ai bagordi.
Durante la settimana non dormo perché soffro di insonnia.
Durante il giorno sono rincoglionita. Cioè, sono disattenta verso le cose che reputo non importanti.
Tipo le cose che mi vengono cambiate dal giorno alla notte nella mia routine.
Tipo i cartelli stradali.
Con queste premesse, parcheggio la macchina.
Scendo e vedo il retro di un cartello di divieto a qualche metro da me.
Vado a guardarlo in faccia: divieto di sosta e fermata.
Dico ad alta voce: “Ma cazzo non posso parcheggiare qui?”.
Mi sente un signore del Comune: -Ma non vedi che c’è la freccia che dice che lì il divieto finisce? Ma dove l’hai presa la patente?
E io, che ultimamente mi sono messa in testa di far sentire le persone importanti per qualche motivo, gli dico: “Ah, ma la freccia in giù vuol dire che lì il divieto finisce? Ah, allora è la freccia in su che significa che il divieto è da lì in poi!”
- E certo, eh. Il codice signorina, il codice!
E sento che il collega che è con lui gli chiede che cosa stia succedendo.
- Eh, niente, non si ricorda i divieti. E pensare che è giovane!!!
“Sì, beh, sono quindici anni che ho la patente, qualche cosa potrà anche sfuggirmi.
- E io quaranta!!!
“Ma lei si vede che è più intelligente di me, caro!”
E lui si ammorbidisce un po’ e, smettendo di borbottare, mi sorride.

Anche oggi la mia buona azione l’ho fatta, Dio.
Cerca di ricordartene.
E di far scop...rire di più i piaceri della vita ai dipendenti del Comune.
Ché io devo prestar più attenzione, ma loro devono star calmi.

Grazie, ciao!







: metto i soldi nella macchinetta.
Schiaccio “latte”.
Mi dà un caffè.
Non bevo più caffè, perciò mi giro verso due ragazze e chiedo loro se, per caso, abbiano voglia di un caffè.
Mi guardano come se avessi chiesto se fossero vaginali o clitoridee.
Finalmente una mi dà un segno di vita: “Beh, per non buttarlo... ti do i soldi.”.
Ma va, tranquilla, te lo offro io!
Le passo il caffè e ritento di prendermi la mia droga.
Vedo con la coda dell’occhio che sta racimolando le monetine da darmi.
Ribadisco, stai tranquilla!
“Ah. Ok.”
Mi siedo per bermi il mio finto latte.
Lei sorseggia il suo caffè analizzando una visualizzazione senza risposta con l’amica.
Poi si alzano e se ne vanno.
Senza accennare a un saluto.
Non dico “un grazie”, ci mancherebbe.
Ma nemmeno un saluto? 
Ora, non sto dicendo che a ogni gesto di gentilezza debbano corrispondere prostrazione e ispezione rettale con leccata, anzi, se si pretendesse qualcosa in cambio, non sarebbe un autentico gesto di gentilezza.
È la mancanza dell’automatismo che dovrebbe essere stato acquisito nell’infanzia, quello che fa ringraziare e salutare, a sconcertarmi.
Cioè, non hai sviluppato una seconda natura tale da farti rispettare le basilari norme di buona educazione? Che cazzo sei, una bambina-lupo?
Forse questa trovata pedagogicamente geniale del “laissez faire”, del lasciare i bbbambine libbberi, è sfuggita un po’ di mano.
Lasciate fare anche me, almeno.
Lasciatemi, educatamente, buttarvi giù i denti.

(Dio, che post da anziana.
Finirò con l’andare in giro con una ciabatta in una mano e un mattarello nell’altra, urlando che questo mondo non è un albergo.
Che brutto invecchiare.)

martedì 19 marzo 2019

G-reta








: raga, come eravate a sedici anni?
Io ero una scavezzacollo.
Una piantagrane attaccabriga.
Ero una ribelle negli intenti. Ero allergica alle regole, di qualunque tipo, instabile e disagiata.
Ero per l’eugenetica e per la guerra “riparatrice”.
Ero per l’aborto, per la fecondazione assistita, per la legalizzazione di qualunque cosa fosse considerata immorale, per la (mia) libertà di espressione.
Sentivo pulsare la mia mente nella scatola cranica, sentivo il mio cervello soffrire. Proprio come un dobermann, in effetti.
Ero un misto di cocciutaggine e aggressività.
A sedici anni, poi, mi è stato chiesto da un professore, di cui ero manifestamente la pupilla, di scrivere una roba sulla pace.
“Ma sei impazzito? Io sulla pace? Io detesto la pace!”, gli ho detto.
“Tu scrivilo lo stesso senza fare il solito circo, ché ti serve.”, mi ha detto.
L’ho scritto, naturalmente.
Ed era veramente notevole.
Non perché fosse chissà quale manifesto rivoluzionario in generale, ma perché lo era relativamente alla mia età.
Si grida al “prodigio” soprattutto mettendolo in relazione con gli individui del suo stesso gruppo.
Io scrivevo in un modo acre, consumato, irriverente. Lodevole, considerati i miei sedici anni.
Ed era la mia unica valvola di sfogo.
Io non manifestavo, trovavo che i cortei proponessero solo un’accozzaglia di pretesti per saltare la scuola. Non urlavo contro le aule fredde o contro la politica. Scrivevo, però.
Scrivevo tanto e sempre.
In un modo grezzo, nella forma e nel contenuto. Talvolta sconclusionato e sdrucciolevole a causa degli spiriti animali che si agitavano dentro di me.
Perché, a sedici anni, o si ha un animo ribelle che si manifesta solo internamente o si riesce a farlo uscire e fargli fare il giro del mondo.
Non credo si possa meritare un premio Nobel per questo, ma nemmeno essere bombardati più di quanto la fase critica dello sviluppo già non faccia.
Perciò smettetela subito di fare i vecchi di merda, ché non è colpa di un’adolescente scandinava se non avete combinato ancora un cazzo nella vostra mediocre esistenza, se non iscrivervi a un social e gridare al complotto.
Non è colpa di una poco più che bambina se prima saltavate i fossi per lungo e adesso li avete coperti di letame.
Come eravate a sedici anni?
Cercate di ricordarvelo.
E di occuparvi di cose più importanti, come della vostra istruzione tardiva.
Ché il ritardo, se ci si dà una mossa, si recupera.

P.S. Il fatto che dica esattamente le stesse cose dei complottisti ma sia accusata dai complottisti di essere complottista è un circolo delizioso! Sono tutta un fremito!

lunedì 11 marzo 2019

Non puoi stuprare un vikingo







: “La ragazza neppure piaceva, tanto da averne registrato il numero di cellulare sul proprio telefonino con il nominativo 'Vikingo' con allusione a una personalità tutt'altro che femminile quanto piuttosto mascolina”.
“Come la fotografia presente nel fascicolo processuale appare confermare”.

La giurisprudenza è una disciplina limitata a una fetta particolare di realtà: i fatti e le sanzioni per quei fatti.
Punto.
Perché, se ci mettiamo le intenzioni, i perché, il senso, non è più giurisprudenza ma è la scienza più bella di tutte, quella che ha rubato il mio cuore e, vabbè, mi fermo perché divento stucchevole.
L’”uomo di legge” deve valutare il fatto.
In questo caso, uno stupro.
Valutare a seguito di un ragionamento da normodotati, possibilmente.
Invece, il ragionamento che è stato fatto è il seguente:
[Premessa —> la ragazza assomiglia a un Vikingo e all’imputato neppure piaceva.
Quindi (conclusione)—> non può esserci stato lo stupro.]

Eh, no, calma.
Non dovrebbe esserci proprio stato l’atto sessuale, in quel caso, non solo lo stupro.
Ma c’è stato l’atto sessuale?
Certo che sì, con tanto di referto.
Perciò la premessa è irrilevante ai fini della discussione (e della decisione).
È interessante e insieme brillantissima la domanda “Beh, in effetti, se ci pensate è vero: come fa a venirti duro se per te è un cesso?”.
Interessante e brillantissima ma, ancora, del tutto irrilevante: non so il perché ti sia venuto duro, non so se sia parafilia o altro, ma è successo e l’hai inserito in un pertugio di qualcuno di così poco consenziente da farsi visitare (e analizzare il danno) e poi denunciarti.
E questo ciò che conta, in termini di legge.
Le “lesioni” contano, raga.
Se c’è un referto con su scritto “lesioni da violenza sessuale”, tutto il resto è irrilevante.
Perché, se io faccio all’amore con la voglia di farlo, non mi trovano alcuna lesione. 
Stiamo confondendo, come al solito, i piani: lo stupro non è una molestia, lo stupro non può essere inventato. C’è la “materia danneggiata” a dimostrarlo fisicamente.
Perciò, c’è stato uno stupro, punto.
TUTTO IL RESTO È IRRILEVANTE.
È irrilevante la “personalità mascolina”.
Che, poi, “personalità” è un termine sbagliato perché al massimo è l’aspetto fisico.
(Io ‘sti scivoloni terminologici non li prendevo nemmeno alle elementari, non mi aspettavo che li prendesse chi ha sostenuto uno degli esami di stato più difficili, a detta di tutti.)
“... una personalità tutt'altro che femminile quanto piuttosto mascolina. Come la fotografia presente nel fascicolo processuale appare confermare”.
Una personalità dimostrata da una fotografia.
E qui, un filosofo, ci lascia: lo vedete quanto cazzo stride?
Lo vedete in che cazzo di mani siamo?
Io, però, sono serena: non c’ho le tette.
Non può esserci attrazione e, quindi, stupro, se non c’hai le tette, no?

giovedì 7 marzo 2019

Bzzz-bzzz-bzzz







: sono le 7.30
Oggi è per me una giornata di merda (come se le altre fossero tutte ‘sto sbocciare folle di Dompero).
Diciamo che, in questo party glitterato e sfavillante che etichetto come “esistenza”, ci sono alcuni tragici anniversari.
Oggi ricorre uno di quelli.
Così, mi sono detta: “Oh, l’universo mi darà tregua, voglio dire, si sentirà un po’ in debito, no?”
No, per il cazzo.
Arrivo in stazione e il treno è su un binario diverso dal solito.
Strano!, penso.
Sarà un segno!
Certo, il segno di un guasto al motore e della soppressione del treno.
Mentre tiro giù tutto il catalogo di chi viene considerato vip da una delle religioni dogmatiche che vanno per la maggiore, e mi metto il giubbotto per scendere e andarmene a fanculo, sento l’inconfondibile bzzz- bzzz-bzzz di chi prova a volare ma è troppo grasso per farlo.
Alzo la testa e vedo il più grande smacco alla teleologia aristotelica, la cimice, che mi svolazza (per quanto la sua obesità glielo consenta) sulla testa.
Accenno una crisi di panico e vengo salvata da un ragazzo, scena che si addice davvero poco all’imminente otto marzo e alla sua pretesa di emancipazione.
Poi scendo dal treno e mi preparo ad attendere un’ora il prossimo.
C’è una morale?
No.
Cioè, ce n’è una molto banale, non gradita ai fan di The Secret o tutte quelle puttanate lì.
Comunque, buongiornissimo.