sabato 28 marzo 2020

Siamo umani, cazzo!






: ho iniziato la mia quarantena con questa domanda: “Se sopravviviamo, ci rendiamo conto di che storia pazzesca potremo raccontare?”.
Ecco, io preferirei che in questa storia ci fossimo noi, solo noi.
Preferirei che ci appellassimo alle nostre, di forze.
Preferirei che fosse una storia di carne, lacrime e sangue.
Preferirei che trovassimo conforto nei libri scritti da noi, da mani umane, mosse da ispirazioni umane.
Preferirei che fosse una storia tutta nostra, sensibile e non trascendente.
Preferirei che fossimo noi le uniche entità impiegate in questa faccenda.
Preferirei che imparassimo a bastarci, per una volta.
Perché è vero, senza di noi la natura è più felice, gli scoiattoli tornano nei parchi e i canali di Venezia tornano azzurri.
Ma, per quanto abbiamo distrutto, per quanto siamo gli unici animali a conoscere l’odio, la gelosia, l’avarizia, noi abbiamo creato più del creato. 
Dovremmo ricordarci di quanto la divinità di cui abbiamo bisogno sia già dentro di noi, senza bisogno di guardare altrove.
Sì, avremmo proprio bisogno di ritrovare la fede.
Ma in noi stessi, in quanto umani.
Certo, ne abbiamo fatte di cazzate.
Però, davvero superano la collezione di meraviglie che abbiamo messo insieme?
Davvero tutto questo ha il potere di inficiare l’eccellenza della nostra anima?
Davvero non ha valore il fatto che siamo in grado di essere ispirati? Di concretizzare quell’ispirazione?
La filosofia.
La scrittura.
I significati.
I concetti.
L’amore quello A.
La medicina.
Il cibo.
I libri.
La poesia.
La musica.
La danza.
La pittura.
La scultura.
Il teatro.
Il cinema.
E una serie di eccetera più grande dell’universo in cui ci siamo trovati perché, questo posso concederlo, qualcosa o qualcuno ci ha piazzati lì. O perché ci siamo finiti per caso. O perché ci siamo auto-generati. 
Ma siamo umani, cazzo.
Siamo noi la storia pazzesca che potremo raccontare.

mercoledì 25 marzo 2020

Sillogistocazzo





:  io sono povero
   il Vaticano è ricco
   il Vaticano non dona
   QUINDI: io non dono.

A livello logico mi pare fili tutto liscisssssimo, no? 

Spoiler: NO, stocazzo.
Manco le spreco, le energie, per spiegarne il motivo.
Chiedete a Google.
E, già che ci siete, chiedetegli anche di chiarirvi la storia del 31 gennaio/31 luglio, ché mi viene voglia di.
Di e basta. Perché manco le spreco, le energie.

sabato 21 marzo 2020

Tiè




: io sono una cagacazzo.
Ci nasco proprio, cagacazzo, e, non contenta, ho scelto una formazione che mi ha fatto digievolvere nella più potente e più rara dei cagacazzo.
Ma ne sono consapevole e, per questo, ho cercato negli anni di sedare questa mia fastidiosa tendenza (unitamente a quella totalitarista) imponendomi di scegliere massimo due* motivi al giorno per cui spappolare le palle.
Oggi ho scelto il vescicante “pensiero positivo”.
Perché lui spappola le palle a me e io spappolo le palle a mia volta.
Ieri sera ho girato su Amici e c’era un ragazzo che ballava su “Penso Positivo” di Jovanotti.
Alla fine della coreografia si è aperto la camicia e sotto aveva una maglietta con scritto “Positivo”.
Ora, io amo il black humor. Mi ha aiutato tanto.
Ma deve essere dichiarato e non accidentale.
Lì l’intenzione, bel lontana dall’essere squisitamente trash, era proprio quella di dare un messaggio “positivo”.
Raga, seri?
Cioè, seri?
Certo, non possiamo farci carico delle omonimie che creano tetri doppi sensi, però, dai, un minimo. Un minimo di accortezza.
Davvero, “Io penso positivo perché son vivo perché son vivo”?
Davvero il messaggio, da un mese a questa parte, è “Cerchiamo di essere positivi”?
Ma per forza poi la gente o si tocca le balle o vi dà retta e organizza rave mascherati da corsette.
Ma per forza.
E poi, anche volendo tralasciare il doppio senso in sé, bisogna proprio essere... sprovveduti per aver voglia di tutta ‘sta positività forzata, per aver voglia di disegnare tutti ‘sti arcobaleni con una media di cinquecento morti al giorno.
Ma tanto erano vecchi, no?
Ma tanto andrà tutto bene, no?
Non so.
Io continuo a pensare, come sempre, negativo.
Cerchiamo di essere negativi, raga.
Ché a qualcosa, magari, serve.
Fosse anche solo a evitare figuremmerda.

*due. Ahahahahahah.

martedì 17 marzo 2020

Nel forno a legna





: che farai, una volta che tutto questo finirà, se finirà?
A cosa stai pensando, in questo momento, tutto il giorno, tutti i giorni?
La prima cosa, dico.
La prima cosa a cui pensi quando pensi a qualcosa di bello.
A un abbraccio?
A un bacio?
A un ballo?
A un viaggio?
Io alla pizza.
Napoletana.
Nel forno a legna.
Con la gorgo.
E la mangerò, oh se la mangerò, una volta che tutto questo finirà.
Se finirà.

Sai tenere un decreto?





: lo ammetto, fino alla settimana scorsa io il decreto non l’avevo capito.
L’avevo letto, ovviamente, ma non avevo colto il pieno significato del “Sono vietati gli spostamenti”: credevo solo quelli oltre la zona rossa.
Perché ho frainteso?
Perché Conte (che, per carità, adesso lo inondiamo di cuori e me ne sto!), in pieno trip demagogico dice una cosa, ma poi ne scrive un’altra: il suo “Restate a casa!” ha dietro un MA grosso come la mia voglia di pizza e il suo  “Tutto chiuso!” è in realtà un tutto un po’ gonfiato, un po’ simile alla conchiglia nei boxer.
Inoltre, oltre a dire “Tutto chiuso tranne tutto!”, nello stesso decreto si dà un’ampia possibilità di interpretazione ai termini “esigenza” e “necessità”: in mezzo al lavoro e alla spesa, figura il fare jogging, perché avrebbe a che fare con la salute del cittadino.
E allora, siccome so’ filosofa, ho creduto che ognuno potesse avere un po’ le sue esigenze, a patto che queste non inficiassero lo scopo del decreto, ovvero il contenere i contagi.
E fare jogging non è proprio indispensabile, eh, se stiamo combattendo un virus letale.
Quindi, essendo stato lasciato ampio spazio alla morale del cittadino (errore clamoroso, clamoroso!) e io sono un cittadino che di morale, insomma, almeno a livello curricolare, se ne intende, credevo di potermi spostare per andare a casa di qualcuno che, come me e oltre a me, non fosse a contatto con altre persone: se io sono sola, e sola sono anche nel tragitto a bordo della mia auto, e se io sono (per il momento) sana, qual è il problema? E dove starebbe la differenza? Mi sposterei semplicemente da una casa all’altra!
Da un lato, nella mia costruzione dialettica mentale, ho dimenticato un piccolo, piccolissimo, particolare: io non lo so se sono sana. Io potrei “sentirmi” sana, che è ben diverso. Potrei essere un portatore: se mi sposto io, il virus si sposta con me. Non sappiamo esattamente come si muova, dove si attacchi, ecc. E non sono nemmeno sola: sono con mia mamma, che potrebbe essere un altro veicolo di trasmissione.
Dall’altro lato, però, rimaneva il fatto che non comprendevo pienamente la differenza con l’uscire a fare jogging, in termini di “limitazione dei contagi”. Si tratta parimenti di una necessità di second’ordine non di primo, a mio parere, e, allora, ci siamo di nuovo: troppa interpretazione al termine “necessità”. La mia salute fisica e mentale potrebbe aver bisogno di altre cose di pari livello del fare jogging, non lo decidi tu, Stato, il contentino da darmi.
E, soprattuto, non mi dici di restare a casa se poi sono costretta a uscire, per esempio, per spostare la macchina per la pulizia strade: emergenza è emergenza.
Questo avveniva giorni fa.
Adesso l’ho capito.
Ma se non l’avevo capito io (che c’avrò una lista infinita di deficit cognitivi ma, porca troia, capisco Hegel!) come può capirlo il popolo?
Come può avere libertà di scelta un popolo come il nostro, poi? 
Al popolo devi imporre, in situazioni di emergenza. Non permettergli di fare jogging.
(Ho detto “in situazioni di emergenza”, eh, raga.)
Il popolo non riesce, e ci cado ancora anch’io, a comprendere che il fatto che sbaglino tutti non sia una giustificazione per sbagliare.
Adesso l’ho capito, perché OGNI spostamento è vietato.
Non lo condivido, perché so’ ribelle della vecchia scuola (e tu a una ribelle della vecchia scuola, che, in più, c’ha quel feticcio lì del senso, il senso glielo devi spiegare bene. Devi avere risposte quanto più certe al profumo di oggettività, non che offrano il fianco al soggettivismo).
Non lo condivido, ma lo accetto.
Appunto perché so’ ribelle della vecchia scuola, dura ma pura: se trasgredisci sulla pelle degli altri non sei ribelle. Sei un coglione.
E questo non finirà il 3 aprile con proroga di altri quindici giorni.

(Vale per chi fa e per chi glielo fa fare. Sempre.)

sabato 14 marzo 2020

Vorrei avere l’età per essere preservata dall’emoticon con gli occhi a cuore






: in questa quarantena, sto cercando di fare a livello iperuranico ciò che già faccio quotidianamente.
Rompere i coglioni?
Anche ma, nello specifico, mi sto concentrando sul riflettere sulle questioni importanti, davvero importanti, che infestano la mia mente.
Per esempio oggi, tra un’analisi del Fedone e l’altra, mi sto chiedendo:
ma qual è il senso di piazzare l’emoticon con gli occhi a cuore sulla faccia della vostra creatura quando ha sei mesi per poi usare la stessa creatura come sponsor del pensiero positivo, a viso scoperto, con un arcobaleno in mano, quando ha sei anni?
Crescendo si perde la dignità di privacy?
Oppure è una stronzata l’emoticon di partenza?
Oppure, semplicemente, la voglia di condividere qualcosa di bello batte la cautela?
Oppure quella cautela è un eccesso, perché i social, con tutte le loro restrizioni, sono un posto abbastanza sicuro?
Oppure sarebbe davvero meglio non socializzarle proprio, le creature, ché i pedofili si annidano ovunque peggio del nuovo Corona (e del nichel)?
Oppure mi faccio i cazzi miei e penso al Fedone, ché tanto io di creature non ne ho?
E potrò farmeli, i cazzi miei, se mi faccio l’autocertificazione e ci scrivo sopra “esigenza”?
Penso al Fedone, dai.

mercoledì 11 marzo 2020

Con cosa, per cosa, di cosa è morto Cristo?





: a cosa serve la filosofia?
Te la fanno sempre, ‘sta domanda, che sia per perculo, per polemica o per sincera curiosità.
Dovremmo saperlo tutti a cosa serva, eh. Alla fine sono solo duemilacinquecento anni... vabbè.
A cosa serve?
Ci sono migliaia di risposte autorevoli, brillanti, ironiche, romantiche, serie.
Poi c’è la mia.
La filosofia serve a non dire cazzate a caso e a non porsi problemi a caso, otturando quel cesso che chiamiamo “mente” con merda inutile e dannosa.
Tipo - per fare un esempio che fa all’amore con questo contesto storico/biologico - al primo semestre di questa adorabile facoltà ti viene insegnata una cosa molto gustosa che ti servirà per risolvere una buona fetta di dispute future: la differenza tra causalità (causazione) e correlazione.
Se conosceste questa differenza, vi salterebbe subito all’occhio che “morire CON Coronavirus” è diverso da “morire PER Coronavirus” e “morire DI Coronavirus”.
La differenza non è solo linguistica o scientifica, è concettuale: causalità vs correlazione, appunto.
Per spiegarlo come lo spiegherei a Trenitalia (la finezza, la finezza!): un conto è il rapporto causa/effetto per cui l’effetto è la conseguenza della causa, altro conto è il rapporto tra due cose che sono semplicemente “vicine”, che accadono in concomitanza, anche solo per sfiga o culo, per dire.
Un conto è il rapporto madre/figlio, altro conto è pascolare semplicemente insieme in questa distesa di letame chiamata “vita”, per fare un esempio per cui chi ha veramente i controcoglioni filosofici mi sputerebbe addosso.
La causa è ciò che risponde alla domanda “Perché?”.
La correlazione non risponde a un “Perché?” o, meglio, non risponde a quel “Perché?” bello cicciotto che soddisfa le brame di noi bomber del sapere.
E, parlando di causa, vale la pena considerare la sua portata ontologica.
Il cosiddetto “colpo di grazia” è una causa, certo. Ma non è una “causona” bella tosta.
Tipo, “Cristo è morto di freddo”. Può essere che abbia avuto ANCHE freddo, certo: era bell’e nudo. Ma possiamo dire che sia morto DI freddo? No, infatti ci abbiamo guadagnato anche un utile modo di dire.
Tipo, ancora, ciò che ha fatto morire Freddie Mercury è stata, di fatto, una polmonite.
Ma sarebbe morto lo stesso se non fosse stato così debilitato dall’AIDS?
Con certezza chi può dirlo ma, insomma, probabilmente col cazzo che sarebbe morto!
Anche se è col cazzo che è morto, in effetti, ma questa credo sia una divagazione dettata dai miei interessi personali, per carità, dimenticatela subito.
Comunque, tornando a noi e al nostro buffet di scenari possibili: un conto è morire CON Coronavirus, cioè il paziente, tra le altre cose, aveva anche il Coronavirus ma è morto, che ne so, durante un trasporto; un conto è morire PER Coronavirus, cioè il paziente era già molto debilitato per i cazzi suoi e ha ricevuto un nefasto colpo di grazia; un conto è morire DI Coronavirus, cioè il paziente, in buono stato di salute, si è beccato il virus ed è morto (e infiniti eccetera).
Ora, avete intuito il punto, nonostante i miei deliri?
Non l’avete intuito?
Beh, a settembre, se passerà questo momento, riapriranno le iscrizioni.
Pensateci.

(Ari, perdonami per ciò che ho semplificato e per ciò che non ho considerato e per il modo in cui l’ho fatto.)

martedì 10 marzo 2020

Non posso vivere senza c...ibo






: ok, io c’ho quel chiodo fisso lì, piantato nella mente, conficcato fino a spappolarmi la ghiandola pineale.
È Il mio primo pensiero della mattina e l’ultimo della notte.
È ciò che scandisce i ritmi della mia giornata.
Ma sì, anche della vita, diciamolo.
È grazie a questo che sopravvivo al tedio della zona rossa, che ha pure quel colore lì, della passione, del “Ti va un po’ di zona rossa, solo io e te?”.
È ciò che, almeno per me, “più volte al giorno toglie il medico di torno”.
Perciò, spinta dal martello pneumatico che ho in testa, io ‘sta domanda devo farvela. 
Raga ma, esattamente, voi come mangiate?
Perché la leggerezza con la quale invocate la chiusura totale dei supermercati mi preoccupa.
Cioè, come procacciarmi il cibo è solo il mio di primo pensiero, trainante e dominante?
Dai, son con voi, chiudiamo tutto senza se e senza ma e, soprattutto, senza scadenza.
Poi?
Poi vengo a rosicchiarvi le tibie, ve lo dico.
A meno che non siate infetti, chiaro.

lunedì 9 marzo 2020

Ma lo sapete che c’è un’ordinanza?






: sciacallaggio è lucrare sulla tragedia.
Materialmente, approfittando dell’assenza o della paura delle persone.
Mediaticamente, approfittando dell’ignoranza o della paura delle persone.
In entrambi i casi, lo sciacallaggio è deprecabile.
Deprecabile è spacciarsi per infermieri che fanno tamponi a domicilio per fottere i vecchietti.
Deprecabile è far pagare un disinfettante venti euro.
Altrettanto deprecabile, però, è far uscire servizi giornalistici utili a null’altro che mettere carne psicotica al fuoco della psicosi.
A cosa può servire piazzarsi su un binario di Milano Centrale e chiedere a quei quattro mentecatti che stanno per salire su un treno per Napoli perché lo facciano, nonostante le indicazioni?
A dimostrare che c’è gente stronza? Ignorante? Priva di buonsenso e senso civico?
Ah, beh, che dimostrazione coi controcazzi!
Che inchiesta!
Che giornalismo d’assalto!
E che provocazione domandare loro: “Ma lo sapete che c’è un’ordinanza?”!
Ma, abbi pazienza, ma cosa gliene fotte dell’ordinanza?
È come chiedere a un falso invalido se non si senta un po’ nammerda. E non ci si sente no, altrimenti mica la farebbe una cosa così becera!
Fatti due domande, invece, se aspiri alla credibilità intellettuale, sul perché il popolo sia lasciato libero di agire, in un momento così delicato.
Un popolo, tra l’altro, notoriamente non di eroi morali.
Fatti due domande sul perché sia possibile e allo stesso tempo vietato circolare.
Fatti due domande sul perché non ci fosse un cazzo di controllore a chiedere ai passeggeri: “Ma dove minchia andate?”.
Fatti due domande sul perché sia lasciato al libero arbitrio del popolo scegliere se stare a casa o andare a fanculo.
Interrogati sui concetti di “libertà”, “divieto”, “responsabilità”, ecc.
Ma non farmi perdere dei minuti in cui ancora respiro per ‘sta fuffa.
Ché ne ho i polmoni pieni.

domenica 8 marzo 2020

Una storia pazzesca da raccontare






: quando, nel ‘94, ero su un terrazzo agli Orti e avevo davanti agli occhi una distesa d’acqua fetida e melmosa, in bilico tra la vita e la morte, mi ricordo perfettamente che mi dissi: “Se sopravvivi, ti rendi conto di che storia pazzesca potrai raccontare?”
Certo, in quel momento avevo dei forti dubbi circa la mia sopravvivenza, ma ero abbastanza convinta di essere troppo speciale per morire banalmente durante un’alluvione.
Avevo otto anni ma ero già una boriosa (e filosoficamente laboriosa) testa di cazzo.
Che però, almeno in quel preciso contesto, aveva ragione.
E che mi ha regalato un approccio alla tragedia che utilizzo da allora e che mi sento di regalare anche a voi:
raga, se sopravviviamo, ci rendiamo conto di che storia pazzesca potremo raccontare?
Potremo raccontare di aver toccato con mano qualcosa di cui, prima di adesso, avevamo solo letto o sentito parlare: un’epidemia, un’atmosfera da apocalisse zombie.
Potremo raccontare di essere stati il terzo paese con il più alto numero di contagiati: fantastico, la Cina non era mai stata così vicina.
Potremo raccontare di essere quella nazione che, coerentemente con la sua storia, non rispetta le più basilari norme igieniche e comportamentali.
Potremo raccontare di essere quello Stato in cui chi fa politica sbeffeggia gli scienziati allarmisti riprendendosi mentre va a fare, sprezzante, un aperitivo, e si becca il virus.
Potremo raccontare di quelli che leggono e non capiscono un cazzo. Perché proprio non lo so dove ci fosse scritto di fare scorte alimentari per un mese.
Potremo raccontare di tutti quelli che, volendo stare vicino ai loro parenti, scappano dalle zone rosse per tornare a casa e rischiare così di ammazzare il nonnino anziano portandogli il virus.
Potremo raccontare di chi non ha idea del significato di “portatore sano”, “asintomatico”, “precauzione”, “state in casa”.
Potremo raccontare della totale mancanza di buonsenso.
Potremo raccontare della totale presenza di menefreghismo.
Potremo raccontare di essere quel posto meraviglioso in cui non si è in grado di adottare un giusto mezzo tra “allarmismo” e “strafottenza”.
Raga, se sopravviviamo, ci rendiamo conto di che storia pazzesca potremo raccontare?

Se sopravviviamo alla figuremmerda, si intende, non certo al virus.

martedì 3 marzo 2020

Ha fatto bene!






: c'ho l'orticaria.
Questo significa che dovrei continuare a farmi i cazzi miei, come da otto mesi a questa parte.
Però, se hai una vocazione, talvolta il sedarla ti provoca più prurito che il contrario.
Indi per quindi: un carabiniere uccide un quindicenne/sedicenne, sparandogli.
Questo è il mero fatto, scevro di circostanze, dettagli, contesto.
Allo stato attuale delle cose, abbiamo solo la ricostruzione del carabiniere: due ragazzi col passamontagna e armati si sono avvicinati alla sua auto nel tentativo di rapinare lui e la fidanzata; lui si sarebbe immediatamente identificato come carabiniere, quindi anche lui in possesso di un’arma ; uno dei due gli avrebbe puntato la Beretta alla tempia; lui avrebbe esploso il colpo solo dopo aver sentito il rumore dello scarrellamento, sentendosi in pericolo di vita; si scoprirà poi che i rapinatori erano minorenni e che la pistola era giocattolo. 
Tutto deve essere verificato perché, naturalmente, una sola versione dei fatti non basta per avere chiarezza su un accaduto (da ricordare sempre, semprissimo, anche per le nostre scaramucce quotidiane!).
Due dati, in particolare, sono da accertare: il numero di proiettili nel corpo del ragazzo e se lo scarrellamento di una pistola finta produca lo stesso rumore metallico di una vera.
Perché sono dati importanti? Perché (ed è una mia supposizione dall'alto della mia specialistica in ungiornoinpreturologia), se trovassero novantotto proiettili, significherebbe che il militare ha sparato con l'intenzione di uccidere e, se la pistola giocattolo non facesse rumore, significherebbe che ha mentito. E sarebbe giuridicamente nella merda, insomma.
Fino a tal verifica, però, una sola azione è quella certamente intelligente: tacere.
Perché, spoiler!, quando non si hanno abbastanza informazioni si deve tacere.
Non prendere parti a caso, così, a sentimento.
Non si può (ancora) urlare ACAB! e non si può nemmeno dire che il carabiniere ha fatto bene a fare quello che ha fatto perché chi è morto era un adolescente delinquente: se fossimo legittimati a uccidere tutti i delinquenti (e, perché no?, anche quelli che ci stanno semplicemente sul cazzo) sarebbe un mondo meraviglioso ma anche molto più pericoloso di quanto già non lo sia.
Inoltre, questione che mi preme maggiormente perché infanga la logica-mon-amour:
secondo quale astruso ragionamento la ragione del carabiniere aumenta di potenza se la famiglia del ragazzo è una famiglia di merda che ha allevato un mariuolo e che ha distrutto un Pronto Soccorso?
Una cosa è ciò che ha fatto lui, altra è ciò che ha fatto quella famiglia. Sono due cose ben ben slegate.
Mi preme ricordarvi, siccome è un po' che non lo faccio, che le riflessioni su cosa sia "legittimo", cosa sia "giusto", cosa sia "far bene", ecc, hanno radici antichissime: non pisciamoci sopra con le nostre semplificazioni, con le nostre tifoserie da stadio.
È un po' di tempo che sbatto la faccia contro la facilità con cui prendete le parti di questo o quello, tanto per avere qualcuno da sostenere.
Non so se invidiarvi o meno.
C’ho l'orticaria, infatti.