martedì 17 marzo 2020

Sai tenere un decreto?





: lo ammetto, fino alla settimana scorsa io il decreto non l’avevo capito.
L’avevo letto, ovviamente, ma non avevo colto il pieno significato del “Sono vietati gli spostamenti”: credevo solo quelli oltre la zona rossa.
Perché ho frainteso?
Perché Conte (che, per carità, adesso lo inondiamo di cuori e me ne sto!), in pieno trip demagogico dice una cosa, ma poi ne scrive un’altra: il suo “Restate a casa!” ha dietro un MA grosso come la mia voglia di pizza e il suo  “Tutto chiuso!” è in realtà un tutto un po’ gonfiato, un po’ simile alla conchiglia nei boxer.
Inoltre, oltre a dire “Tutto chiuso tranne tutto!”, nello stesso decreto si dà un’ampia possibilità di interpretazione ai termini “esigenza” e “necessità”: in mezzo al lavoro e alla spesa, figura il fare jogging, perché avrebbe a che fare con la salute del cittadino.
E allora, siccome so’ filosofa, ho creduto che ognuno potesse avere un po’ le sue esigenze, a patto che queste non inficiassero lo scopo del decreto, ovvero il contenere i contagi.
E fare jogging non è proprio indispensabile, eh, se stiamo combattendo un virus letale.
Quindi, essendo stato lasciato ampio spazio alla morale del cittadino (errore clamoroso, clamoroso!) e io sono un cittadino che di morale, insomma, almeno a livello curricolare, se ne intende, credevo di potermi spostare per andare a casa di qualcuno che, come me e oltre a me, non fosse a contatto con altre persone: se io sono sola, e sola sono anche nel tragitto a bordo della mia auto, e se io sono (per il momento) sana, qual è il problema? E dove starebbe la differenza? Mi sposterei semplicemente da una casa all’altra!
Da un lato, nella mia costruzione dialettica mentale, ho dimenticato un piccolo, piccolissimo, particolare: io non lo so se sono sana. Io potrei “sentirmi” sana, che è ben diverso. Potrei essere un portatore: se mi sposto io, il virus si sposta con me. Non sappiamo esattamente come si muova, dove si attacchi, ecc. E non sono nemmeno sola: sono con mia mamma, che potrebbe essere un altro veicolo di trasmissione.
Dall’altro lato, però, rimaneva il fatto che non comprendevo pienamente la differenza con l’uscire a fare jogging, in termini di “limitazione dei contagi”. Si tratta parimenti di una necessità di second’ordine non di primo, a mio parere, e, allora, ci siamo di nuovo: troppa interpretazione al termine “necessità”. La mia salute fisica e mentale potrebbe aver bisogno di altre cose di pari livello del fare jogging, non lo decidi tu, Stato, il contentino da darmi.
E, soprattuto, non mi dici di restare a casa se poi sono costretta a uscire, per esempio, per spostare la macchina per la pulizia strade: emergenza è emergenza.
Questo avveniva giorni fa.
Adesso l’ho capito.
Ma se non l’avevo capito io (che c’avrò una lista infinita di deficit cognitivi ma, porca troia, capisco Hegel!) come può capirlo il popolo?
Come può avere libertà di scelta un popolo come il nostro, poi? 
Al popolo devi imporre, in situazioni di emergenza. Non permettergli di fare jogging.
(Ho detto “in situazioni di emergenza”, eh, raga.)
Il popolo non riesce, e ci cado ancora anch’io, a comprendere che il fatto che sbaglino tutti non sia una giustificazione per sbagliare.
Adesso l’ho capito, perché OGNI spostamento è vietato.
Non lo condivido, perché so’ ribelle della vecchia scuola (e tu a una ribelle della vecchia scuola, che, in più, c’ha quel feticcio lì del senso, il senso glielo devi spiegare bene. Devi avere risposte quanto più certe al profumo di oggettività, non che offrano il fianco al soggettivismo).
Non lo condivido, ma lo accetto.
Appunto perché so’ ribelle della vecchia scuola, dura ma pura: se trasgredisci sulla pelle degli altri non sei ribelle. Sei un coglione.
E questo non finirà il 3 aprile con proroga di altri quindici giorni.

(Vale per chi fa e per chi glielo fa fare. Sempre.)

Nessun commento:

Posta un commento