giovedì 29 novembre 2018

Il torto è una scoreggia






: siamo in una stanza, io e te.
Improvvisamente, un soffio.
Un soffio che sa di uova marce, fogna, merda.
Entrambi sappiamo cosa è successo: hai scoreggiato, tesoro.
Siamo in due, io non sono stata. 2-1=1 e quell’uno sei tu.
Lo so io e lo sai tu.
No, non può esserci l’eventualità che l’abbia fatta io inconsapevolmente: non le perdo per strada, non trasudo letame. 2-1=1, tu.
Se te lo faccio notare, neghi.
“Verrà da fuori”, dici. Parli di una fantomatica mandria di passaggio, una discarica, Beetlejuice.
Ma lo so io. E lo sai tu.
Se non te lo faccio notare, mi faccio bastare il linguaggio del tuo corpo: fai rotare gli occhi, hai lo sguardo del “se ne sarà accorta?”, muovi prima una chiappa poi l’altra sulla sedia, hai la fronte colpevole. Fai il vago.
Ma lo so io. E lo sai tu.
Così è il torto.
Il torto è, spesso, come una scoreggia.
In una discussione, in cui o io o te abbiamo sicuramente torto, entrambi sappiamo la verità.
Perché entrambi sappiamo cosa abbiamo pensato, come l’abbiamo detto, cosa abbiamo fatto.
Uno dei due ha commesso qualcosa di sbagliato.
Uno dei due ha un ingombrante torto in tasca.
Lo so io. Lo sai tu.
Tutto il resto è incolpare ingiustamente una povera mucca passeggera, una tubatura guasta, uno spiritello porcello. Non viene da fuori, viene da molto dentro.
E lo so io. E lo sai tu.

martedì 27 novembre 2018

La Belle Époque






: è da stamattina che gongolo per un’ovvietà (ovvietà vera, eh) che mi si è presentata davanti quando mi sono svegliata.
Da fan dell’antica Grecia, dell’epoca vittoriana, e di molte altre ottime annate, sono sempre stata impegnata a lamentarmi del periodo storico in cui vivo da non rendermi conto, invece, di avere avuto una fortuna incredibile: ho toccato con mano la rivoluzione.
Social, ma pur sempre rivoluzione.
Non è mica robetta, non è mica da tutti assistere a un totale stravolgimento del modo di pensare e, di rimando, agire, della specie umana.
Cioè, se uno fosse bravo, se uno avesse testa e coglioni, avrebbe davvero terreno fertile per entrare nei libri di storia (della filosofia, auspicabilmente).
Classe dirigente, forza, è ora di dirigere!
Voi, perché io c’ho da pensare alla Belle Époque.

mercoledì 14 novembre 2018

E. All’improvviso.







: sono al Tigotà e mi sto avviando alla cassa.
Un signore, anziano ma non troppo, energico e affabile, grandi occhi blu, mi ferma:
“Signorina, ma lei ci crede a queste cose? Secondo lei funzionano?”, indicando le creme anti-rughe.
Io gli dico che no, non ci credo: il tempo passa e lascia i segni, non sarà una poltiglia da nove euro e novanta a fermarlo.
“Eh, già, sono d’accordo! Io ho ottantaquattro anni, lo vuole il mio segreto di bellezza?”, prendendomi la mano con la sua, forte e ruvida.
Io, come al solito diffidente come un gatto randagio, mi irrigidisco e...
...un momento: OTTANTAQUATTRO ANNI???
Dai, si è sbagliato.
Ha detto ottantaquattro?
“Eh sì, vuole sapere il mio segreto?”
Certo, dimmi tutto, voglio sapere tutto, vendimi tutto, sono tua!!!

“...le carezze.”


martedì 13 novembre 2018

Argomento principe







: CHI NON TROMBA ANTI-ABORTISTA È, È!
Poi ne parliamo seriamente, eh, di questa “mozione per la prevenzione dell’aborto e il sostegno della maternità”.

Anzi, parliamone adesso.

1- “Se una donna si prende la responsabilità di fare CERTE COSE, allora si deve prendere la responsabilità di rimanere incinta e QUINDI di tenere un eventuale bambino”.

Certe cose.
Nel 2018, il piacere per eccellenza, è ancora definito “certe cose”. Cose che richiedono addirittura responsabilità.
Il che mi crea schifo, ovviamente, ma prima di tutto tristezza: sono sempre molto triste quando qualcuno si priva volontariamente di qualcosa di figo per colpa dei paletti che ha conficcati nel cranio. Perché, se tu lo chiami “certe cose”, o non lo fai, o lo fai male, vergognandotene, o lo fai solo per figliare.
E il sesso finalizzato esclusivamente alla procreazione mi fa evaporare lo spirito. Mi svuota: pensate a quanto possa essere divertente approcciarsi a ( e accoppiarsi con) qualcuno che non ha nemmeno il coraggio di pronunciarla la parola “sesso”, figuriamoci metterla in pratica. Pensate a che relazione scoppiettante possa essere, quella con un elemento del genere. Una festa, proprio.
(Ho tutta una teoria sugli anti-abortisti integralisti e al loro preoccuparsi inutilmente, dato che secondo me possiedono il miglior contraccettivo esistente, ma non è questa la sede!)

2- “L’aborto è omicidio!”
Gnek.
L’aborto è un’interruzione di gravidanza.
Possiamo equipararlo a un omicidio?
L’omicidio cos’è? Ci avete riflettuto, prima di sparare minchiate?
Perché, sapete, per dire che l’aborto è un omicidio dovete prima sapere cosa sia un omicidio. Se no, beh, chevvelodicoaffare?
L’omicidio (secondo me, secondo il resto del mondo furbo e secondo Wikipedia) è una soppressione di una vita umana, di un essere umano. Un essere umano in atto, non un feto, che è un essere umano in potenza.
Un feto non è “persona”, ci siamo?
Anche perché, cosa è “persona”? Ci avete mai pensato? No? Allora, magari, prima di parlare, rifletteteci.
Un feto non è un essere umano, se ci intendiamo su cosa sia un essere umano.
Lo diventerà, forse, ma non lo è ancora.
È un peccato (laico, eh), privare alcune cellule della possibilità di diventare qualcos’altro?
Forse. Ma è nulla rispetto al mettere al mondo qualcuno di non voluto e pregiudicare negativamente (e per sempre) la sua esistenza.
Su questo punto non vado oltre, dico solo che, talvolta, l’aborto è un atto necessario. Che vi scombussoli i sentimenti o meno.

3- “Ma se quelli pro-aborto fossero stati abortiti?”

Eh?
Beh, non saremmo qui ad aver a che fare con te, per esempio. Il che mi porta direttamente a un gran sospiro, sospiro con un retrogusto di rimpianto.

4. “Ti concedo l’aborto solo per motivi di salute!”

Uhm.
Salute? In che senso?
Salute di chi?
Fisica o mentale?
Non fa differenza?
E le gravidanze a seguito di una violenza sessuale? Le portiamo avanti? Le ha comunque volute Dio, giusto?


5- “Vuoi abortire? Bene, allora ti paghi tutta l’operazione. Echeccavolo, tu sbagli e la sanità paga?”

Ah, perciò ne facciamo una questione di soldi?
Ma non stavamo parlando di “vita”?
Di “morale”?
Di “diritto”?
Apperò!
Poi, notare bene il TU SBAGLI.
Fai sesso e qualcosa va storto ma a sbagliare sei tu, capito?
Hai osato provare un piacere fine a se stesso, cazzo!, che imperdonabile errore!

6- “Una donna, nel momento in cui rimane incinta, non è più padrona del proprio corpo.”

No, infatti.
Il padrone chi è, perciò? Il nascituro?
O, scavando nel più profondo della tua affermazione: tu? Tu sai chi è padrone di cosa?

7- Il meglio assoluto:

“PIUTTOSTO FALLO NASCERE E LASCIALO IN OSPEDALE. O DALLO IN ADOZIONE!”

Ecco, questa è la migliore. Questo è l’acme dell’idiozia umana.
Questa è la massima espressione del nostro fallimento, come specie.
Piuttosto che abortire, abbandona il bambino.
O regalalo.
Smerciare la vita umana perché, hey!, la vita è importante, eh.
“Non si gioca con la vita.”
“Non decidi tu, per un’altra vita.”
E poi sei pronto a gettarla come spazzatura.
Ignoranza, fondamentalismo e incoerenza: i cancri del mondo.


Nessuno tocchi la 194.
Nessuno, nessun politico o aspirante tale, si permetta di instillare il dubbio su una delle più grandi conquiste dell’umanità.
Anche se sul fatto che sia o meno “morale” potremmo discuterne all’infinito, l’aborto deve essere “legale”. Deve, non ci sono altre opzioni.
Morale vs legge, raga.
Sempre.
Potete pensare che sia scorretto eticamente, sentimentalmente, o qualunque altro “mente”, ma non potete desiderare che ritorni illegale abortire.
La legge deve tutelare tutte le vittime o le eventuali vittime.
I bambini non voluti.
I bambini nati per egoismo.
Le donne abusate.
Eccetera.
Fate i bravi.

P.S. Questo è il mio argomento principe.
La cosa sulla quale ho “sudato più carte”.
La cosa sulla quale ho scritto di più, nell’intimità della mia cameretta. E nel profondo della mia anima.
Parlatene con me.

giovedì 8 novembre 2018

Gli addominali di un Cristiano






: sono in treno (strano!).
Dietro di me ci sono dei ragazzini che, a giudicare da quello che stanno dicendo, sono studenti di filosofia.
Non so spiegare la mia gioia, raga.
(E quella del Mc Donald’s, sì, ok).
Stanno facendo andare quelle loro belle testoline, seppur ancora acerbe, e questo è cibo per la mia speranza: non ci sono solo il gol e gli addominali di Ronaldo, stamattina.
Ci sono anche i giochini di logica e le riflessioni su cosa sia il pensiero, il dubbio, il vero e il falso, la scienza.
Bene, giubilo, felicità.
Scrivo qualcosa!, penso.
Vado nelle mie note sul telefono.
138.
Panico.
Erano 600.
Perché 138?
Merda: domenica mi si è fottuta Gmail.
E, con lei, deduco, tutte le mie note.
Apple culo, Gmail culo.
Anche Giada culo, ok, ma se proprio vogliamo essere precisi, uno con una formazione filosofica non avrebbe mai permesso che questo potesse accadere.
Perché, se è auspicabile che la mia nota sul telefono venga salvata automaticamente su Gmail, non può valere anche che, se quella stessa nota scompare (perché il Dio digitale è un animale che si rotola nel fango e adora le ghiande) dalla casella di posta, allora scompaia anche dal telefono.
È una cazzo di fallacia, ci siamo?
È acido sull’intelletto, ci siamo?
Comunque, i miei ragazzini sono passati a un discorso idiota sul fatto di scoparsi i cessi da ubriachi.
Devo scendere.
Mi alzo.
Li guardo.
Scrollo la testa: quanta strada devono ancora fare per servire Mc Chicken e patatine.
E che addominali c’ha, ‘sto Cristiano?

Ah, ancora mezza offesa a José e vi brucio casa.

Solo un numero






: siamo solo un numero, per la maggior parte delle persone.
Se ci siamo o non ci siamo, non fa differenza.
A meno che non siamo Leonardo DiCaprio.
Allora, sì, siamo essenziali, fondamentali, il motore del mondo.
Scusate, colpa mia, divagato.
Dicevo: se ci siamo o non ci siamo, al mondo, fottesega.
Ma, talvolta, possiamo diventare indispensabili.
Possiamo fare la differenza per qualcuno.
Possiamo essere, per esempio, quel guidatore che non sta in mezzo ai coglioni.
Quello che non si fa manco sorpassare, tanto è imbranato.
Possiamo scegliere di non essere la causa, col nostro lumacare, della perdita di un treno, per esempio.
Possiamo essere la svolta, talvolta.
Nelle piccole cose.
Pensiamoci.
Pensateci.
Rincoglioniti.

Ciao Milano!






: fossi ricca, una delle città in cui vivrei è Milano.
E, prima che partano i vari “Non sai quel che dici!!!”, lo ripeto: fossi ricca.
Ricca ricca, eh, non ricchina.
Non da dover cambiare otto metro per andare a lavorare, per intenderci.
Fossi ricca vivrei a Milano, o a Venezia, o a Londra.
Poiché non sono ricca ricca (per ora!!!), sto a Lisondria.
Comunque, oggi in stazione è accaduta una cosa incredibile (spoiler: è una minchiata solita, non aspettiamoci grandi cose): c’è il treno per Milano in ritardo, fermo sul binario dal quale sarebbe dovuto partire il mio.
Se lo prendessi?, Se stesse aspettando me?, mi chiedo.
E non solo per farmi un giro in una città che dista un’ora dalla mia, proprio per starci. Per viverci.
Potrei?
E nel momento esatto in cui faccio ‘sto gioco del cazzo che crea in me un maremoto di merda, il treno per Centrale parte. Senza di me e i miei ipotetici cambi di vita, naturalmente.
Ok: messaggio recepito, idea abbandonata.
E, in quell’esatto momento, il treno torna indietro.
Torna indietro, raga! 
Perciò non solo non è vero che se perdi un treno ti fotti, ma può anche capitare che il treno ti aspetti o addirittura che torni a riprenderti.
Figo, un po’, forse, no?
Dà speranza, un po’, forse, no?

La vita






: la vita è un po’ come quando parto da casa con la pelle profumata, i capelli profumati, i vestiti profumati, tutta profumata, per poi sedermi sul sedile del treno e lasciare che mi si appiccichi addosso il fetidume del popolo-altro.

Sciopero (26 ottobre)











: il tempo (ahimè) passato e gli studi condotti hanno contribuito a sedare una mia tendenza pericolosa per la società: l’indole totalitarista.
Di natura, a livello bestiale, puramente istintivo, io sono per il regime.
Il mio, possibilmente.
Non è una cosa bella, lo so.
Per questo l’ho modificata o, meglio, cerco di modificarla giorno per giorno da molti giorni, direi anni.
Non abbiamo colpe per i buchi nel cervello che abbiamo alla nascita, abbiamo colpe se ci rifiutiamo di colmarli durante la crescita. Io mi sforzo continuamente, di colmarli, e per questo clap clap, batto auto-cinque, auto-pacca sulla spalla.
Ma.
Ci sono ancora dei casi in cui tenere a bada il Minotauro che abita l’ala Ovest della mia anima richiede uno sforzo sovrumano, estenuante.
Tipo oggi.
Oggi (e dura da ieri) c’è sciopero nazionale dei vari Caronti.
Ciò significa che la nazione è letteralmente bloccata.
Questo è, per la mia un po’ così, con quella passione per le frustate un po’ così, ancora inaccettabile: tolleranza zero per chi, per far valere un proprio diritto, caga sui diritti degli altri.
Per avere un weekend lungo autunnale.
Perché si può, perché è un dirittoh!
Perché così si fa capire che la propria presenza è importante.
No, non lo è.
La presenza del treno è importante, il “chi” lo fa partire è una contingenza del cazzo.
E morto un contingente se ne fa un altro.
E mi sa che mi fermo, perché poi mi conosco e vi faccio ingozzare una ribollita di merda che la digerite in tre anni.
Comunque, è un mio limite cognitivo, lo so.
Lo soffoco, lo rendo innocuo.
Domani.

Ciclo






: mi sta venendo il ciclo, ho il ciclo, mi è appena finito il ciclo, mi verrà il ciclo.
Ed è finito il mese.

Go Melons!





: non sapevo cosa fosse l’invidia fino a quando non mi si è palesata davanti una ragazza con un seno veramente notevole strizzato in una canotta con su scritto “Melons”.
Non so se fosse consapevole o meno ma è esattamente la cosa super simpa che avrei fatto io.
Se solo avessi avuto dei Melons.
Grazie, Dio, per avermi privato anche di questa occasione per vincere tutto.
Stronzo.

Me la lavo in piazza







: raga, mi devo lavare la coscienza.
Me la lavo in pubblica piazza (!).
Sono al concerto di David Garrett (che, vabbè, sono piena di brividoni ma non è questo il punto).
Dietro di me si siedono quattro persone che fanno una cagnara incredibile.
“Ma tu lo conosci lui? Io no!” (E allora che cazzo sei venuto a fare?)
“Ma sarà bravo?”
“Ma non fa le sue canzoni, vero?”
La cagnara continua anche a concerto iniziato.
Ora, è un concerto di violino, non è Beyoncé: mi togli un po’ il pathos se ci parli sopra.
Ma me ne sto zitta, sospiro e basta.
Il commento folle, però, non si arresta:
“Beh, se la tira un po’ lui, no? Certo, me la tirerei anch’io!” (Ah, ne sei un po’ consapevole, eh?)
E io sempre zitta.
È tutto un commento urlato, per le canzoni, per lui, per ogni cosa.
Ma io, non riconoscendomi, sempre zitta.
A un certo punto, come un assist divino, colgo il punto debole dei disturbatori alle mie spalle: non sanno l’inglese.
Proprio zero, eh, tipo che David dice “Questa è la canzone di Frozen” e loro, quasi alla fine, si svegliano gridando “Ah, ma è Frozen! Froooooozen!”.
Così, aspetto il momento di agire (con astuzia e perizia ed unendo sempre un poco di furbizia!).
Quando David dice: “The last piece before interruption”.
E loro: “Nooooooo ma come l’ultimo??? Ma cosa suona, mezz’ora??? Ma si puòòò???”
Luci accese, lui se ne va dietro le quinte.
Le persone si alzano, si muovono, si stiracchiano.
E dietro, i commentatori folli: “Ma è finito? Ma se ne va così, senza salutare?”
È il momento, per me, di agire:
- Sì, finito. Finitissimo. Fa sempre così, è nel suo personaggio.
...
...
“Ah, ma è l’intervallo!!!”
Merda.
La loro volpizia (con l’aiuto della mia sfiga) li ha salvati in corner.
Così, nonostante sia stata moralmente deplorevole per un minuto, mi appello subito al Giusto Mezzo e trovo una soluzione: mi sposto io.
Porto il mio gentil deretano nella fila davanti.
Per evitare un omicidio al Mediolanum Forum, più che altro.
Perché, sì, se il mio cervello non mi avesse bloccata li avrei ammazzati.

(Se ci fossi io al potere... ah, se ci fossi io al potere...)

Spiona di emozioni altrui






: ogni sera, in stazione, vedo questa scena:
una madre e i suoi due figlioletti aspettano che un uomo scenda dal treno e i bambini, appena lo vedono, gli corrono incontro urlando “Papààà!” e gli saltano in braccio, riempiendolo di baci.
Accade ogni giorno, ma lo accolgono come se non lo vedessero da mesi.
E non importa quanto la mia giornata sia stata schifosa, quanto mi sia arrabbiata con me medesima o con altri, quella scena quotidiana, quella felicità così coerente con se stessa, è balsamo, è bellezza terapeutica.
E, forse, è proprio questo il senso della vita: essere una fottuta spiona di emozioni altrui, a quanto pare.

Uè, Nani!







: ha in mano il destino del mondo.
Neppure in treno può rinunciare alle sue conference call.
Una sua mail è in grado di decretare la vita o la morte di centinaia di dipendenti.
Attraverso i suoi auricolari wireless è in diretta comunicazione con Dio.
O forse lo è proprio, Dio.
Sicuramente, almeno nel suo ufficio, è considerato tale: a giudicare dal numero di telefonate ricevute, senza di lui la fisiologia del suo team non è garantita.
È fondamentale per l’economia globale.
È business, è soldo, è vita.
Eppure.
Eppure non ha ancora capito che in galleria il telefono non prende.
“Uè, Nani, mi seeeeeeenti?”
“E ADESSO???”
“E ORA???”

Io mangio la merda





: oggi in treno ho deciso di condurre un esperimento sociale commissionato da un ente importantissimo per le sorti del mondo, meglio noto come “me medesima- me stessa- chicazzomelhachiesto”.
Apro la mia schiscetta con dentro un cibo alquanto odoroso e mi metto a mangiare, in mezzo ad altri pendolari.
Non è che stia mangiando la merda ma, comunque, di qualunque cosa si tratti, aprendo il coperchio diffondo un odore che potrebbe non essere gradito a tutti.
Nelle orecchie ho una musica assordante, magari apprezzata da qualcuno, ma non richiesta: sto praticamente obbligando il mio vicino ad ascoltare quello che sto ascoltando io.
Terminato il contenuto del tapperware, decido di mangiarmi anche qualche grissino.
Qualche rumorosissimo grissino.
Mastico sempre (ovviamente) con la bocca chiusa ma questo, per un misofonico cronico, non ha rilevanza: sono comunque fastidiosa.
Non contenta, cerco ossessivamente un cioccolatino nel sacchetto del pranzo, muovendomi con la grazia e la quiete di una scrofa in un lago.
Inoltre, sono conscia di avere delle briciole sul labbro ma non ci penso nemmeno a usare il tovagliolo: me le lecco via.
Noto un ragazzo che mi fissa, non so se sia turbato o meno. Me ne frego.
Insomma, faccio molte cose che io detesto.
Non tanto per ciò che faccio, ma per come lo faccio: un trionfo di noncuranza e menefreghismo, come se il treno fosse il mio, come se ci fossi solo io.
Risultato: mi sono sentita una ladra.
Mi sono sentita male, male proprio. A disagio, fuori luogo, moralmente riprovevole, una sciocca (sciocca!).
Perciò, chiedo con genuina curiosità, genuinamente senza giudizio, quando cagate sul principio del “non fare agli altri quello che non vorreste fosse fatto a voi”, regola empaticamente (per non dire moralmente) aurea non solo per i figli di uno specifico Dio ma anche per noi poveri agnostici, lo fate perché?
Perché, banalmente, siete egoisti?
Inconsapevoli?
Stronzi?
Come fate a cagarci sopra senza sentirvi fuori posto o, semplicemente, in colpa?
O, forse, devo ricavarne che vi stiate comportando perfettamente in linea con quel principio e il trattamento che riservate agli altri sia esattamente quello che volete ricevere?
È così?
State trattando gli altri esattamente come vorreste essere trattati?
Buono a sapersi, allora.

P.S. Mentre sto mangiando con gusto, il treno si ferma in una stazione e, dal finestrino, vedo un ragazzino che continua a sputazzare. Tipo un lama, con una riserva a quanto pare infinita di saliva.
E il mio flusso di pensieri, insieme alla nausea, si dirige immediatamente verso un’altra fondamentale questione:
se foste costretti, con una pistola puntata alla tempia, preferireste ingoiare un bicchiere di saliva altrui, di muco altrui, di vomito altrui, di sudore altrui, di sebo altrui o di merda altrui?
Io, sinceramente, non saprei.
Davvero, sono indecisissima.
Merda, credo.
Anzi, sì, certamente merda.
Sempre escludendo l’eventualità di farmi spappolare l’encefalo anziché fare una scelta.
In ogni caso, come potrete intuire, i miei pensieri sono delle grandissime puttane concettuali: passano continuamente da un argomento all’altro.
Perciò non sentitevi tanto importanti, se ve ne dedico uno tra Arquata e Ronco Scrivia.

E non ho incluso la pipì tra le opzioni perché, dai, troppo facile.

E, con questa immagine di me che ingoio un bicchiere di merda, esortandovi a coglierne la ricorrente metafora, vi auguro una buona giornata.
Da stronza a stronzi.

Va’ dove ti mando io





: avrei potuto nascere nel 300 a.C. ed essere un allievo di Aristotele. I miei appunti adesso costituirebbero la Metafisica, avrei dato un contributo significativo all’evoluzione della mente umana.
Invece sono nata in quest’epoca di sgretolamento del sistema valoriale che abbiamo (come razza umana) costruito in duemila anni, epoca di relativismo estremo che trova le sue evidenze sul web, epoca di progresso-regresso.
Un’epoca in cui si stanno mettendo in dubbio tutte le più grandi conquiste dell’essere umano, in campo etico soprattutto.
Aborto, salute, molestie, violenze, diritti umani.
Tutto buttato in una grande latrina intellettuale in cui campeggia la scritta “Va’ dove ti porta il cuore”.
Meglio nota come “Lasciate ogni speranza voi ch’entrate”.
Che culo che ho.
Il solito.

Ma tu mi vedi grassa? Sì.






: sentivamo veramente il bisogno dell’ennesimo film in cui una cameriera sfigata diventa una star? No.
Sentivamo veramente il bisogno di un film con Bradley Cooper? Sì.
Sentivamo veramente il bisogno di un film con, se non altro, una bella colonna sonora? Forse.
Ma, ed è ciò che mi preme, sentivamo veramente il bisogno, con i tempi che corrono, con il bullismo che bullizza perfino se stesso, di far dire a una gnocca (forse non gnocca come Belen ma comunque più gnocca della media) “non mi vogliono per il mio aspetto”? 
Gaga, ma quale aspetto?
Hai il muco che ti esce dalla fronte?
Dai, su.
Quando fanno interpretare a una figa la parte della cessa mi scatta veramente l’iradiddio, come se, se una fosse cessa veramente, si perdesse la credibilità e si infrangesse il sogno.
Che nervo teso, raga.
Ah, già che siamo in tema: alla prossima gnocca che si lamenta del suo aspetto rispondo “Eh, in effetti!”.
Avvisate.

Chi è la coGliona, alla fine?






: raga, vi racconto questa storia in cui alla fine si scopre che una persona è cogliona.
Martedì mi sveglio alle ore 6 per recarmi in un ufficio lontanuccio da casa, che chiamerò “Purgatorio”, per una pratica alquanto delicata, che chiamerò “cambio di sesso”.
Sono davanti alla porta un minuto prima che apra, sono la prima, mi fanno entrare con comodo, con tutta la calma mista a saccenteria tipica del Purgatorio.
“Salve, sono qui per il cambio di sesso.”
- Ah, beh, è una faccenda un po’ complicata.
“Lo so, per questo sono qui. Avessi potuto farlo da sola nell’intimità della mia cameretta, l’avrei fatto. Avessi potuto sostituire autonomamente il mio organo genitale di base con uno erettile, l’avrei fatto.”

... smanetta al computer...

- No, guardi, noi non possiamo aiutarla. Deve rivolgersi a Caronte.
“Ah. Ma, veramente, è stato proprio Caronte a dirmi di venire qui.”
- Non so cosa dirle. Vada da Caronte.

Sono le 9.15 di un fottuto martedì ottobrino.
Caronte apre il suo ufficio alle 14.30.
Me la devo grattare per cinque ore.
Passano quattro ore e cosa faccio?
Mi metto furbescamente già in coda?
Ma va, meglio prolungare l’improduttivo ma appagante grattage!
E, infatti, arrivo davanti all’ufficio e ho mille persone davanti.
Passo due ore in piedi ma poi, avendo un treno da prendere, sono costretta ad abbandonare la coda.
“Ritenterò venerdì!”, penso, carica di irritante ottimismo.

Venerdì:
Sono le 9 e sono già in coda: non mi fotterai, caro Caronte, non oggi.
Oggi ho le redini del mio destino in mano.
È fatta, sto per cambiare sesso.
Entro.
“Salve, sono qui per il cambio di sesso. La faccenda è complicata, lo so. Il Purgatorio mi ha detto di tornare qui.”

...smanetta al computer...
...chiama al telefono il Purgatorio...
... schiocca la lingua.

- Eh, no, devono aiutarti loro. Io non ho questo potere, la tua situazione è troppo delicata!
“Ok, lo so, però sono stati loro a mandarmi qui martedì!”
- Eh, mi dispiace. Ma se vai adesso c’è la signora con cui ho appena parlato al telefono, lei può aiutarti! Giuro!
“Ma adesso ci saranno mille anime in coda!”

E, per l’appunto: mi reco in Purgatorio e ci sono millemila anime in attesa di essere traghettate a fanculo.
Io ho il numero B 05.
Siamo alla A cazzi a mazzi.
A un certo punto una ragazzina tanto cara mi dice:
- Io devo andare, ti do il mio numero. Non è molto, è il B 03, però è già qualcosa!

Non è qualcosa, angelo mio!, equivale a un’ora di coda in meno!
La ringrazio, commossa e fiduciosa nella nuova classe dirigente.

Però.
Però io ho questo problema di avere una morale che è stoica alla pari di un corvo che come fine ultimo ha il rosicchiare i coglioni dei malfattori.
È giusto accettare quel numero e passare davanti alle persone che sono in coda da prima di me?
È veramente giusto?
Potrebbe, dato che è da martedì che giro come la merda nei tubi e me lo meriterei. 
Ma non per me.
Per me e la mia morale logorante, non è giusto.
Perciò do il regalo ricevuto dall’angelica ragazzina a chi spetta veramente, ovvero a chi ha un numero antecedente al mio.
Io guadagno comunque una posizione, zero sensi di colpa, viva la vita.
Se non fosse che io, astuta come un koala fatto di popper, non mi sono accorta che la stessa fila di persone sia composta sia da chi deve cambiare sesso, sia da chi deve semplicemente fare una liposuzione: gli impiegati in Purgatorio sono due, uno per il cambio di sesso e l’altro per gli altri interventi.
Infatti, esce un tizio e urla:
- Chi è qui per il cambio di sesso???
E una ragazzina si infila nell’ufficio, schizzando come un ratto in una cucina.
Così, senza chiedersi se per caso ci sia qualcun altro prima di lei.
Così, senza il minimo scrupolo.
Né morale, né civile, né stocazzo.

E, alla fine del Pippone, chi è la cogliona di cui ho spoilerato all’inizio?

Pubblicamente bagno






: nei bagni pubblici:

Al giorno d’oggi le strutture più all’avanguardia sono dotate di wc con funzionalissimi appendi-cose.
Le strutture più all’avanguardia.
Va da sé che, se un luogo ha tanti anni come il Colosseo ed è gestito da persone con altrettanti anni sulle spalle, forse che forse, avrà dei servizi sì decorosi (?) ma piuttosto antiquati.
Non è matematico ma sensocomunemente probabile.
Ergo: non avrà il cazzo di appendi-cose.
Perciò, per quanto gli faccia schifo, uno è costretto ad appendere i suoi effetti personali alla caccolosa maniglia della porta: avrà dei batteri, ma ne avrà comunque meno del pavimento (suppongo e spero).
Questo per dire cosa?
Che dovete imparare (cosa che avreste già dovuto fare) a BUSSARE prima di compiere qualunque altra azione, soprattutto quella di APRIRE LA CACCOLOSA MANIGLIA DI BOTTO.
Perché?
1. Perché almeno saprete che il bagno è occupato e renderete saggiamente vani i successivi punti.
2. Perché, se sto svuotando pacificamente la vescica e sento un TUTUTRUM improvviso, mi spavento.
3. Perché, se voi aprite la caccolosa maniglia, la borsa che ci ho appeso sopra cade.
Sul pavimento.
Che pesto con le scarpe.
Con cui pesto le merde.
4. Perché, se la borsa cade, vi conviene correre.
Veloce.
Ché quel pavimento ve lo faccio pulire.
Con la lingua.
Idioti.
Idioti e ineducati.