lunedì 10 agosto 2020

Credo di sapere





: verificare una notizia è compito assai arduo, per noi comuni mortali.

Sia perché non abbiamo accesso alla totalità delle fonti, sia perché talvolta è uno sbatti incredibile.

Insomma, ci sono cose che non possiamo sapere e ci sono cose che possiamo sapere ma con estrema fatica.

Per esempio, se uscisse la notizia che nella giornata di ieri, in Italia, sono stati venduti settecentocinquantamila gelati, io potrei verificarla: potrei contattare tutti gli esercizi di somministrazione del nostro paese, supermercati inclusi, e vedere (ammesso che siano informazioni che possono essere divulgate) se effettivamente la notizia sia vera o si avvicini al vero (il numero dei gelati potrebbe essere settecentoquarantacinquemila e comunque non distruggerebbe la credibilità dell'informazione).

Certo, sarebbe uno sbatti non indifferente, ma se il fatto che siano stati venduti settecentocinquantamila gelati mi sta così a cuore, se mi provoca spasmi nell'animo tanto da insozzare i social con la mia indignazione, beh, lo potrei fare (io ho fatto davvero di peggio, in termini di "amore per la verità").

Informarsi, in generale, richiede sbatti. Di diversa intensità, ma comunque sbatti.

Se non ho sbatti di fare quello sbatti, sono simpatico e carino lo stesso, ma sono un ignorante con un bagaglio di informazioni non verificate, quindi non attendibili, quindi cacca. Non cacca io, eh, cacca le mie non-conoscenze.

E dovrei, almeno, tacere.

Perché, e qui esce prepotente la mia vocazione, non si può parlare di conoscenza, se quel che so non corrisponde al vero. Io non so veramente, io non conosco: io credo di sapere, credo di conoscere. Ma stocazzo conosco, stocazzo so.

Esempio: "La capitale d'Italia è Alessandria, lo so!"

Eh, stocazzo sai. Tu credi che la capitale d'Italia sia Alessandria ma se avessi lo sbatti, di livello humus, di fare un minimo di ricerca, ti accorgeresti che quello che credevi di sapere in realtà è una minchiata.

E "Capitale d'Italia" è un dato facilmente verificabile. Ci vogliono nemmeno dieci secondi. Infatti è la classica domanda per cui utilizzare l'aiuto da casa. 

Per altre cose, invece, ci vuole un po’ più di sforzo. 

Minimo anche quello, eh, per gli alfabetizzati, però capisco che si tratti di un impiego di forze maggiore rispetto al leggere gli ingredienti del detergente intimo quando si caga senza aver portato il cellulare in bagno. 

Che ne so, tipo leggere un decreto.

Non sono i Nomoi di Platone ma non è nemmeno Moccia, ci vuole un minimo di impegno.

Se, però, vogliamo verificare che la notiziona che abbiamo appreso da Noncielodikono.com e che ci ha scosso così tanto da doverla condividere coi nostri contatti, sia credibile oppure no, beh, dobbiamo leggerlo.

Tenendo conto anche del tipo di notizia che ci ha così indignato: se tira in ballo l’interpretazione o un mero dato.

Se tira in ballo l’interpretazione, auguri.

Ma se si tratta di un mero dato, raga, verificarla non è così difficile. Non dopo la seconda elementare, almeno.

Tutto questo per dire (sì, le mille parole scritte finora sono del tutto superflue!) che, no, non c’è traccia nel decreto del 7 agosto del fatto che non possiamo guardarci negli occhi da settembre, per il prolungamento dello stato di emergenza.

Non c’è scritto.

Non c’è scritto nemmeno che i bambini dovranno indossare i caschetti da minatore.

E nemmeno che verranno ammazzati gattini a scopo preventivo.

Lo sapreste, se sapeste leggere.

Lo sapreste, se voleste leggere.



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