venerdì 8 giugno 2018

Fai schifo MA mi piaci






: leggi quello che scrivo su Facebook.
Per qualche strana ragione ti piace.
Decidi di contattarmi per un progetto.
Questo progetto ha a che fare con un sito che fa roba TIPO satira, un comico-cinico che sembra cucito addosso a me.
Ti dico che ho anche un blog, che non è proprio un blog ma è solo un modo per avere quelle quattro cagate che scrivo sempre a portata di mano.
Ti consiglio, però, di andare a leggertelo e ti avviso che il mio stile di scrittura è quello e mai cambierà, nemmeno se dovessi scrivere per il Papa, giusto per farti (e farci) risparmiare tempo.
Leggi e mi ricontatti per riconfermare il tuo apprezzamento.
Ci incontriamo.
E la prima cosa che mi dici è che hai letto il mio blog e secondo te faccio un po' la figa.
MA questo ti piace.
E allora ti fermo subito, ché io non ho un buon rapporto con i MA. Se tu mi dici una cosa e subito dopo ci metti un MA, io mi innervosisco.
Se quello che scrivo ti piace MA... non ci siamo.
Perché, come già detto, io non cambio il mio modo di esprimermi.
O ti piace (senza SE e soprattutto senza MA), oppure non illustrarmi nessun progetto.
Non ho l’ambizione di fare successo scrivendo a qualunque costo.
Ho altre ambizioni.
Ho un’ambizione che sto coltivando a rilento ma nel modo che decido io, mettendo insieme i pezzi di un puzzle che voglio sia perfetto, non incastrato  a forza.
Ho, più importante!, l’ambizione di mantenere integro il mio stile, che passati i trenta è consolidato e quello rimane.
Non ho bisogno di elemosina.
Non arraffo progetti tanto per fare curriculum.
Non me ne frega un cazzo, tanto per essere chiari.
Se tu mi contatti, è perché io servo a te.
NON viceversa.
Altrimenti ti avrei contattato io, no?
Ti avrei chiesto io una collaborazione, no?
Perciò, o quello che scrivo ti piace così com’è e sei disposto a mantenerlo tale e, soprattutto, retribuirlo, oppure lasciamo stare.
È un discorso che non è né borioso né da figa né nient’altro: è così che la penso ed è così che vivo.
Niente compromessi, di nessun tipo, niente modifiche al mio modo di essere. Perché non sono un cazzo di nessuno, però sono io. Un “io” sudato e sofferto, costruito in trentadue difficili anni.

“Caspita, sei esattamente ciò che fa per noi! 

E, poi, sparì.
Sul serio, eh.
Volatilizzato.
Evaporato.
Inghiottito dal nulla.
E quando lo incontro abbassa lo sguardo manco io fossi un dobermann addestrato all’attacco.
Chissà che è successo.
Perché è una cosa che a me capita più spesso di quanto mi aspetti: mi contattano per vari progetti e poi non se ne fa più nulla.
Sono sempre ciò che stanno cercando ma quando mi trovano scappano.
E io ho il dovere morale di farmi delle domande: cosa accade nel passaggio intermedio tra il “Collabori con me?” e il dileguarsi come un ladro?
Perché ci sarà qualcosa che fa allarmare, deludere, o non so cosa, il mio “contattatore”.
Forse ho un modo troppo diretto, troppo crudo, troppo apparentemente borioso.
Forse faccio cagare nelle relazioni interpersonali.
Ma, raga, si dovrebbe quantomeno intuire, eh: se mi chiami per quello, quello devi aspettarti.
Oppure.
E non voglio nemmeno pensarlo, perché io accuso sempre prima me stessa, ma forse le domande dovresti fartele tu.
Forse sei tu a vacillare.
Forse è il tuo progetto a barcollare.
Ma se così fosse, prima di andare-fare-brigare-tediare me, metterci ‘na pezza? Renderlo un po’ più stabile?
Difficile? Sì, eh?







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