domenica 6 marzo 2022

Per una guerra


: “Che mondo stiamo lasciando ai nostri figli (e alla regina Elisabetta)?”
Questa è la domanda che sto leggendo/sentendo di più.
Mi piacerebbe tornare a quando non ero nemmeno un concetto per ficcare nel mio genoma la capacità di riflettere solo per occasioni e non su qualsiasi cosa.
Su occasioni a km 0, o massimo 2000.
Per esempio, adesso, per la prima volta nella mia vita, starei cogliendo l’occasione, che questa guerra a due passi da casa mi sta offrendo, per riflettere sull’essere umano e  sul suo ambiente. Sulle sue tendenze naturali e acquisite. Sul suo essere l’unico animale che conosca la malvagità, il potere, ma anche l’emozione profonda, la solidarietà.
Adesso, a trentasei anni, se avessi dei figli, mi starei preoccupando per il loro futuro.
Adesso.
Perché c’è la guerra, adesso.
Non prima, eh.
Non prima, magari, di metterli al mondo.
Adesso.
Perché prima che Putin facesse quello che l’essere umano fa da quando sa di essere umano (consiglio un check qui: https://en.m.wikipedia.org/wiki/List_of_ongoing_armed_conflicts) questo mondo era un bonbon.
Un gioiellino di rara bellezza.
Proprio un posticino adatto a teneri germogli.
Adesso ci preoccupiamo perché, cazzo!, può ancora scoppiarci una guerra dietro al culo.
E non vogliamo che nostro figlio viva in un posto così, brutto perché bellicoso.
Però non ci disturba che possa crescere in un mondo che ti scassa di botte se hai il cazzo e ti piace il cazzo.
Non ci tocca che possa crescere in un mondo in cui una minigonna è una giustificazione allo stupro.
Non ci importa che possa crescere in un mondo in cui la cosa che tira più di un carro di buoi non è più un pelo ma una moneta.
Non ce ne frega che possa crescere in un mondo in cui, fino a due settimane fa, si augurava la morte a chi non volesse o potesse farsi una puntura.
Non ce ne sbatte che possa crescere in un mondo sporco, sia fuori che dentro.
Ci preoccupiamo adesso, per una guerra.
Una, fra le tante.
Perché è quasi qui.
Perché quasi la vediamo.
Quasi, da casa, sul divano.
Tutte le altre guerre che davvero viviamo, non le percepiamo.
Perché abbiamo iniziato adesso, a riflettere.
Per la guerra.
Per una guerra.

(Prima di innervosirmi: non sto sminuendo nulla se non le facoltà cognitive di alcune, ALCUNE, mamme bomber. Che per me sono il peggiore dei mali del mondo.)

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