giovedì 16 agosto 2018

Bestie






: siete bestie.
E “bestia” è diverso da “animale”.
Siamo tutti animali, l’essere umano è un animale.
Solo che dovrebbe essere quello dotato di “logos”.
Voi, invece, siete proprio bestie, dove “bestia” ha quella connotazione brutta e cattiva che consociamo bene.
Lo dico senza l’intento di offendere, solo per mera osservazione.
Anche perché le bestie, come spesso dite nei vostri quotidiani sproloqui, sono meglio delle persone, no?
Perciò, sarete più che contenti: siete bestie.
Bestie straordinarie, però.
Perché le bestie ordinarie certe cose non le fanno: non costruiscono ponti, non li fanno crollare e non vanno su internet.
Siete straordinari. Bestie straordinarie. Contenti? È fin un complimento.
Bestie in branchi o bestie solitarie, siete ovunque.
È infatti bestiale trattare la vita umana con leggerezza o per vil danaro.
Bestiale è giocare a ping-pong con la responsabilità.
Bestiale è lucrare sulla tragedia per vendere qualche copia o per qualche visualizzazione in più, stuzzicando la curiosità morbosa dell’utente medio, scrivendo “Le foto del disastro all’interno!”, come faceva Cioè con i poster dei fighi.
Bestiale è aprire la home di Facebook e, accorgendosi di ciò che è successo, decidere comunque di pubblicare il proprio culo al mare.
Bestiali sono alcune vostre priorità.
Bestiale è non comprenderne nemmeno la portata, di ciò che è successo.
Bestiale è fare dello sciacallaggio mediatico e politico (lo sciacallo è una bestia, appunto).
Bestiale è parlare di “complotto!1!”, con i corpi ancora sotto le macerie.
Bestiale è fare degli strani collegamenti coi vaccini.
Bestiale è pretendere un qualche tornaconto personale nell’immediato, tipo non pagare più pedaggi.
Bestiale è chiudersi in un lutto apparente, solo perché “si fa così” e non rifletterne a fondo.
Bestiali sono innumerevoli altre cose.
Umano, invece, dovrebbe essere cercare di fare un piccolo sforzo empatico.
Uno minimo, eh.
Almeno per le tragedie che accadono in casa propria: a Kabul ne è appena successa un’altra, ma non vogliamo certo pretendere che ci esplodano le interiora per eccesso di empatia.
Ne basterebbe uno piccolissimo, infatti, di sforzo.
Per provare a immaginare cosa significhi sapere che qualcuno che amiamo si trovava  su quel ponte e adesso non risponde al telefono.
Provare a immaginare cosa significhi cercare qualcuno in modo spasmodico.
Provare a immaginare cosa significhi trovarsi a un passo dal disastro e scamparla per un pelo.
Provare, eh, perché riuscirci è impossibile.
Ma l’essere umano può, potrebbe, provarci.
L’essere umano sa, dovrebbe sapere, cosa siano empatia e rispetto.
L’essere umano, se fosse umano, almeno nell’immediato, almeno appena successo il fatto, dovrebbe fare due cose: pensare e tacere.
O, se proprio deve dire qualcosa, perché ha un prurito insopportabile, che sia intelligente. Che sia ragionato, elaborato. Che abbia un senso.

...e poi c’era la marmotta che confezionava la cioccolata.

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