giovedì 27 maggio 2021

Il Divin Codino

 

: raga, se farò qualcosa di figo nella mia vita (mai dire mai!) ricordatemi di impedire a Netflix di farci un film.
Perché, se è riuscita a far passare Baggio come uno sfigato che, per avere le ginocchia maffe e per aver sbagliato un rigore, si è mangiato il fegato per tutta la vita, attribuendo i vari “porci” a una divinità un po’ più in carne rispetto a quella crocifissa, chissà come raffigurerebbe una che ha procrastinato per tutta la sua esistenza e che è stata simpatica solo a sua madre.
Io, che Baggio non sapevo praticamente manco chi fosse, cioè sapevo ovviamente abbinare un nome a una faccia (e a un‘acconciatura, chiaro!) ma non ero legata emotivamente al personaggio, e non avevo idea di cosa fosse successo ai mondiali del ‘94, davvero, non ci ho capito un cazzo.
E non ci ho capito un cazzo non solo perché ho manifesti limiti cognitivi ma, anche, perché non è stato sviluppato e approfondito un bel niente.
Si capisce che era un giovane fenomeno a diciassette anni.
Poi si fotte il crociato.
Poi inizia a pregare una Dio serafico e cicciotto.
Poi si fotte (lui, solo lui, bella stella, gli altri mangiano, dormono e cagano tranquillamente) un mondiale.
Poi sembra che per sei anni (dopo la faccenda del rigore sbagliato compare la scritta SEI ANNI DOPO), per la depressione, non faccia altro che il giardiniere nella sua magione (una reggia che non si capisce come possa permettersi, visto che non viene menzionato altro della sua carriera calcistica).
Poi vuole partecipare a un altro mondiale per riscattarsi ma, essendo senza squadra e a fine carriera (?), non sa come fare.
E così ri-prega, non più davanti al Buddha (che abbiamo appurato non funzionare granché) ma davanti a un pallone d’oro (che chissà da dove è spuntato).
E allora viene chiamato dal Brescia dove reifica il concetto di “Vecchia Gloria”, facendogli conquistare un bell’ottavo posto in classifica.
Verrà quindi convocato per un altro mondiale? No, se la prende nel culo.
Fine.
Cioè, è un parto cesareo.
Si intuisce il miracolo della vita, ma è anestetizzato.
Si capisce che “Robi” è stato amato dalla gente perché “umano”, ma si capisce solo perché glielo dice la moglie.
Si campana che è stato “bravo”.
Si coglie, qua e là, il rapporto difficile col padre e i risvolti psicologici.
Ma, se non fosse stato per l’attore (somigliante e convincente) e per la scena finale da lacrimuccia (grazie alla canzone di Diodato-mon-amour), sarebbe da etichettare come una merdina.
Non una merda, per carità: considerando quelle serie da best-seller che ci propone Netflix per fare cassa, lucrando sul grande pubblico e operando quella che per il codice penale prende il nome di “circonvenzione di incapace”, è decisamente accettabile.
Ma non “wow”, ecco.
Di quel “Divin Codino” (che io, dopo aver visto lo sponsor della prima maglia della Fiorentina, continuavo a leggere “Crodino”, perché sono un animo ottuso e sempliciotto) non c’è traccia.
Non si capisce perché è umano.
Non si capisce perché è divino.
Non si capisce nemmeno il perché del codino, se sia consigliato da Buddha o solo gusto personale.
O, forse, non l’ho solo capito io.

Nessun commento:

Posta un commento