sabato 18 settembre 2021

Vah che casino che può fare un “oppure”!



: “Questi uomini erano completamente fuori di testa, obnubilati, oppure c’è stato un comportamento esasperante, aggressivo, anche dall’altra parte?”
Invece di schierarsi e lanciarsi in claudicanti giustificazioni come si è soliti fare, mossi dall’istinto o, per i più romantici, seguendo quel muscolo involontario piazzato nel petto, basterebbe analizzare ciò che viene detto (o scritto).
Siamo davanti a una disgiunzione e il termine chiave è “OPPURE”, che non lascia troppo scampo.
In logica matematica “oppure” può comportarsi come il VEL latino (in simboli: V) e significare un’alternativa oppure (ah-ah!) può comportarsi come l’AUT latino (il simbolo non c’è nella tastiera dell’iPhone. È una V con un pallino sopra o tre stanghette barrate) e significare un’esclusione.
Nel primo caso, la proposizione è vera se almeno uno degli enunciati è vero, ma potrebbero esserlo entrambi. Tradotto in linguaggio naturale, sarebbe più o meno così: Roma è la capitale d’Italia oppure Roma è il capoluogo del Lazio. 
Nel secondo caso, solo un enunciato è vero. È tradotto in linguaggio naturale sarebbe più o meno così: Roma è la capitale d’Italia oppure Firenze è la capitale d’Italia.
Usare i simboli rende la vita asettica ma molto semplice.
Usare la nostra lingua rende la vita bellissima e sfaccettata ma molto, molto, difficile.
Perché?
Perché nonostante vengano usate delle parole con un significato ben preciso, con implicazioni e implicature ben precise, tipo il “Ma”, ci si può sempre arrampicare sugli specchi per non ammettere di aver fatto una figura di merda: “Noooo ma io non intendevo…!”.
Eh, stocazzo non intendevi.
Stocazzo non intendevi, Barbara.
Perché hai fatto una domanda e quella domanda, per la forma che ha, per contenere solo due termini, per la posizione di “oppure”, per il tono in cui è posta, sembra proprio una disgiunzione esclusiva che, peraltro, è proprio insensata rispetto al fine (qualunque esso sia) che si voglia ottenere.
È inutile che soprattutto becero nascondersi dietro al “voler far riflettere”.
Dove si vuole arrivare, su che cosa si vuole riflettere, chiedendo una roba tipo “Questi uomini sono fuori di testa o c’è stato un comportamento esasperante anche dall’altra parte?”?
Cosa speri di ottenere dalle risposte a quella domanda?
Anche se uno rispondesse “C’è stato un comportamento esasperante e aggressivo anche dall’altra parte!”, quale sarebbe il quindi?
E anche se si rendesse la domanda più completa, introducendo un “o entrambi?”, tipo “Questi uomini erano completamente fuori di testa, obnubilati, oppure c’è stato un comportamento esasperante, aggressivo, anche dall’altra parte, oppure entrambi?”, quale sarebbe la conclusione? 
Una volta appurato che gli uomini erano fuori di testa E le donne esasperanti, cosa abbiamo in mano?
Perché, anche così, anche volendo concedere tutte le attenuanti, il passo immediatamente successivo, che scatta spontaneamente in questo ginepraio chiamato “comunicazione”, in cui entrano in ballo troppi fattori oltre alle semplici parole, è insinuare un infimo MA: “Ma non sarà che quelle donne erano esasperanti?”.
Ok, le hanno uccise MA loro erano esasperanti.
Se, invece, l’intento fosse solo quello di capire davvero cosa scatti nella testa di un uomo quando decide di uccidere il proprio oggetto (oggetto!) del desiderio, allora le domande da porre dovrebbero essere altre, senza “o” e senza “ma” e, soprattutto, scollegate:
Cosa accade nella mente di un uomo quando uccide? Ci sono campanelli d’allarme?
Quando siamo di fronte a un caso di femminicidio?
Quali sono le donne che vengono uccise? C’è un tipo di donna specifico?
Eccetera.
E mettendo insieme i dati raccolti, forse, FORSE, si può provare a formulare una qualche conclusione.
Si arriverà a notare, per esempio, come quasi mai quegli uomini erano fuori di testa in preda al raptus e quasi mai quelle vittime erano esasperanti. È proprio quello che è preoccupante. Ed è proprio per quello che si può parlare di femminicidio e non di “semplice” omicidio. 
Ma lo sai, eh.
Non sei scema, la mezza età ti ha solo resa avida.
Non vuoi far riflettere, vuoi solo far parlare.
Che storia triste.
Pensare che è nata dall’aver messo a cazzo un “oppure”.

(Ci sarebbe da dire anche sull’”anche”. Ma anche no, anche.)

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