venerdì 10 dicembre 2010

Discordanza e il suo rimedio: è contorto ma se ci pensi non è unastronzata.





: non ci si fa una ragione per la fine di un amore se, durante lo stesso, mente e cuore la pensavano allo stesso modo.

Perché se avessero avuto opinioni discordanti e uno dei due avesse sbagliato, l’altro avrebbe potuto additarlo come colpevole e incollare pazientemente i cocci dell’anima.

 Se,invece, a sbagliare sono tutti e due, l’anima, da chi viene aggiustata?



È qui che, mentre mente e cuore si stanno ancora struggendo per aver preso una cantonata colossale e sono intenti a frignare ed osservare i pezzi scomposti dell’anima, entra in gioco l’autostima.

L’autostima gioca un ruolo fondamentale nella combinazione dei fattori che danno vita ad un individuo.

È colei che, a seconda delle sue dimensioni, fa di un essere un piccolo roditore, una laboriosa formichina o una sinuosa pantera.



Tre fattori, perciò. Mente, cuore e autostima.

Agire seguendo uno, agire seguendo l’altro, accrescere a poco a poco l’altro ancora.



La mente, boriosa nel suo operato, dal giudizio infallibile, non si scompone, non urla, non si emoziona. Lei produce, basta. Raggiunge traguardi attraverso fatti e conseguenze. È lei che, di solito, porge il fazzolettino con cui il cuore si asciugherà le lacrime dopo una delusione.



Il cuore, tenero lui.  Regala i suoi battiti involontariamente, spesso alla persona sbagliata. E si strazia, e si strugge, e si lacera. Tanto ci pensa la ragione, aiutata dal tempo, ad asciugare le sue solite lacrime dopo la sua solita delusione.



Ma andiamo a ritroso: ancora prima della delusione (che presuppone un’illusione, altrimenti si chiama conferma), ancora prima dell’amore stesso, ancora prima dell’innamoramento. Torniamo alle prime reazioni chimiche, al primo sguardo, al primo pensiero rosa pallido.



Proprio in quel  momento, mente e cuore si palesano alle spalle di un individuo. La mente è rossastra, con due cornini e una coda a forma di pungiglione triangolare. Il cuore ha un anellino dorato sulla sommità e un paio d’alette candide e soffici.  L’individuo ascolta ciò che hanno da dire, poi decide quale arringa sia stata più convincente, obbligando il perdente a starsene in un angolo fino al momento in cui pronuncerà la frase più fastidiosa esistente: “te l’avevo detto”.



A volte può capitare, invece, che il diavoletto e l’angioletto si stringano la mano e dicano “si, siamo finalmente d’accordo, questa storia può funzionare!”. 

Quando poi, ovviamente, non funzionerà e l’idillio comincerà a sapere di uova marce,  mente  e cuore si guarderanno e non potendo sputarsi addosso alcun “te l’avevo detto”  si rassegneranno a gridare all’unisono un bel “mo’ sono cazzi”. Cazzi  ruvidi al tatto e sgradevoli al gusto, che verranno smussati ed edulcorati dall’autostima.



A seconda di quanti cazzi amari ha reso un po’ più dolci, l’autostima crescerà, fino a fare dell’individuo a cui appartiene, l’invincibile Hulk dei sentimenti.



Ed è con grande impegno che sono arrivata al punto.

Senza far capire un beneamato.

Utilizzando un condizionale quando sarebbe stato sufficiente un semplice presente.

La solita idiota, insomma.


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