martedì 19 aprile 2016

A Daniele





: nella mia mente c'è una cartella che ho intitolato "Persone con cui giocavo  da piccola".
Non sono "amici", perché gli amici con cui giocavo da piccola sono gli stessi amici con cui gioco ora e anche perché, probabilmente, i nostri rapporti sono cessati quando ho imparato a scrivere il mio nome e non si sono evoluti in amicizia vera e propria.
Sono "persone" con cui "giocavo" da "piccola".
Persone figlie di amici di famiglia o vicini di casa, con le quali magari ci si stava pure un po' sul culo ma si giocava lo stesso, con quell'utilitarismo tenero che solo i bambini sanno avere.
Persone che incontro per strada (e ad Alessandria capita spesso!) e penso: "Oh, quello è uno con cui giocavo da piccola!". E gli rivolgo un sorriso.
Sorrido perché sono persone che hanno avuto, seppur inconsapevolmente e per breve tempo, accesso alla parte di me che ho preferito, preferisco e preferirò per sempre.
E lo hanno fatto "giocando", facendo ciò che reputo essere la più alta espressione di filosofia, epistemologia, ecc, che un essere umano possa raggiungere (poi ci si depotenzia).
Per questo motivo tengo molto a chi è in quella cartella nella mia mente, anche se chi vi è all'interno non lo sa e forse nemmeno si ricorda che da piccoli giocavamo insieme.
Ho saputo da poco che è accaduta una cosa brutta a una di quelle persone.
E dico "cosa brutta", in un linguaggio infantile e grezzo. Lo stesso che avrei usato da piccola, quando giocavamo insieme.
E, esattamente come se fossi ancora infante , cioè non interessandomi delle dinamiche effettive dell'accaduto ma solo del fatto che sia accaduto, ti saluto e ti passo, con lo stesso modo sgraziato di allora, il pallone.
Ciao, stai bene ❤️.

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