venerdì 18 maggio 2018

Concorsi cittadini





: concittadini, scusate: devo essere petulante. Ancora. Come sempre.
E spero apprezziate questo buttarsi nella fossa dei leoni perché, con argomenti come questo, uscirne vivi non è semplice. 
(Un giorno mi farò una risata quando qualcuno, con così tanta merda nel cervello da sbagasciargli il nervo ottico, non vedrà l’idiozia dei propri processi mentali. Ma quel giorno, purtroppo per voi, non è oggi.)
È giunta alla mia attenzione questa brillante trovata di RadioGold: il concorso “Piccolo Sportivo da Oscar” (che va avanti da mesi, anni, ma io non è che possa seguire proprio tutte tutte le cagate della città, eh: Batman era ricco e annoiato, io no!).
Il concorso consiste nel votare una piccola promessa dello sport, tramite sondaggio sul sito o coupon sul giornale, in base a nome, cognome, foto e sport praticato.
Io mi chiedo: è veramente necessario?
Abbiamo davvero bisogno di questo?
Già alle elementari, ‘sti poveri infanti, devono avere l’ossessione del successo virtuale?
Già da così piccini devono entrare in contatto con il “molti follower molto onore”?
Io dico di no.
Già romperei i coglioni se una cosa del genere fosse fatta “dal vivo”, tipo un torneo in cui si sfidano bambini che praticano sport differenti: come fai a mettere sullo stesso piano cose così diverse? Quello che vince, vince in base a cosa? All’applausometro?
Alle Olimpiadi non danno UNA medaglia d’oro per un motivo, eh: mettereste mai sullo stesso piano il nuoto sincronizzato col lancio del giavellotto? Non rispondete, va, ché ho paura.
Figuriamoci, comunque, se si tratta di far vincere un bambino con un voto virtuale. In base alla simpatia, poi? O in base alle conoscenze?
Non ha davvero alcun senso, per me.
Perché, da buona leopardiana, mi immedesimo in chi non vincerà, più che altro.
“Mamma, perché non ho vinto?”
- Non lo so, GianPoveraccio. Forse non conosciamo abbastanza persone. Forse non abbiamo avuto un forte impatto.
“Ah!”.
E con quell’”ah”, inizierà un processo di auto-struggimento.
Che culminerà nella droga.
Che terminerà col suicidio.
Ok, scusate, sono troppo figlia degli anni ‘80.
Però, prima della parola “droga”, ero seria.
Un po’ meno leggerezza, raga, con ‘ste cose.
Se anche chi ha l’onere/onore di dare lustro alla società tramite l’informazione fa lo scemotto, allora non abbiamo proprio speranze.
Almeno nelle piccole realtà, come la nostra, stiamo un po’ attenti.
Siamo (un po’) intelligenti.
Siamo (un po’, eh) lungimiranti.
Che cazzo.

Pippo-ne finito.
So che sono spessa.
So che, anche solo buttando l’occhio al numero di parole, faccio scattare automaticamente il “Fattela ‘na risata!”.
Ma ci sono cose che mi toccano profondamente.
Quando si fa qualcosa fingendo che sia per i bambini e invece è per l’ego degli adulti, per esempio.
Oddio, sarò mica una malcelata mamma-bomber?
Naaa.
Mi dispiace non dispiace.

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