giovedì 17 maggio 2018

Il giorno più brutto tra tanti giorni brutti






: un anno fa, un giorno fa, stavo vivendo il giorno più brutto della mia vita.
E vuol dire molto, eh, parlando di Meredith Grey (cit).
Me l’ha detto l’Accadde Oggi perché io, chissà perché, mi ricordavo fosse il 21 maggio.
Mi regalo un post a cuore aperto, già che non lo faccio mai.
A chi voleva farmi fare la fine di Chiara, che ci ha messo la faccia, la testa e il cuore, e poi è finita in depressione, o, peggio, della Cantone, vorrei dire che... vabbè, un cazzo.
Vorrei dire un cazzo, raga.
Qualche mese fa un gruppo di miei concittadini ha seviziato un disabile. Che cazzo dovrei dire?
Che cazzo potevo aspettarmi, da una città che ha il triste primato di essere la più infelice d’Italia?
Intelligenza?
Comprensione?
Dai, su.
Da quel giorno c’è stato un inception di merda che è culminato addirittura con un lutto.
Un gatto nero che mi si è attaccato ai coglioni e ci è stato per un bel, bel, po’. 
Dal punto di vista professionale, soprattutto. Ma non ne parlerò, perché sarebbe pubblicità negativa per alcune realtà alessandrine che stanno molto a cuore e non mi va: sarà il karma a fotterli, non io. Annegheranno nella loro merda, non in quella che gli butto addosso io.
Poi sono successe cose che mi hanno semplicemente scottato.
Ma è stata una bella scottatura, eh.
Ci ha messo un bel po’ a guarire.
E lo dico conscia della soddisfazione che potrei dare a chi mi ha scottato: se uno ti vuole fare male apposta e sa che te l’ha effettivamente fatto, beh, ci gode. Perché, il fighissimo, gode solo di queste cose. Non ha molto altro. Non ha la figa, soprattutto. O ce l’ha un po’ così, marcia, per dire.
Ma non importa, gliela do volentieri vinta: sì, mi hai fatto abbastanza male.
 Perché quando qualcuno che reputi amico o che ti conosce da una vita ti sputtana alle tue spalle e tu lo becchi grazie a controlli incrociati che manco a Cluedo, fidati, brucia.
Quando non ha nemmeno i coglioni o la volontà di chiederti scusa, brucia.
Quando devi usare sesto senso e intelligenza per stanare un amico che ha fatto l’infame, beh, è orribile.
Non conoscevo la sensazione perché sono stata fortunata per trent’anni, avendo concesso la mia amicizia a veramente pochi individui.
Poi è capitato.
Non che fossero amici, eh.
Erano più “amici”, ma comunque più che conoscenti.
Vabbè, pazienza.
È andata.
È andato anche tutto il resto.
L’impotenza, la rabbia, il senso di frustrazione per non essere né capita né cagata.
Resta una sola cosa, una consapevolezza, che mi tengo per me.
Credo di avere ancora un po’ di ricordi da condividere e lo farò.
Perché di esperienze negative ne ho avute, come tutti, ma questa è stata quella che mi ha insegnato (inculato) più di tutte: vale la pena di riproporre le mie sensazioni dell’epoca.
Perciò preparatevi con gli screen, ché mi sa che sarò ancora un po’ patetica.
Tanto anche da patetica, in tilt emotivo o cerebrale, in coma, sotto morfina, con un piccone conficcato in testa, il culo concettuale ve lo faccio lo stesso.
Con modestia parlando, eh.

Nessun commento:

Posta un commento