mercoledì 18 dicembre 2019

E sarebbe sempre un mondo, anche se ci fosse solo quel nodo bianco?






: all’asilo mi rifiutavo di fare il riposino pomeridiano.
Odiavo l’asilo e, ancora adesso, se io ho un qualche disagio (e ne ho!) non dormo.
Non mi addormento proprio.
Perciò, la suora, la terribile Suor Maria, doveva darmi qualcosa da fare mentre i miei compagnetti dormivano.
Generalmente si trattava di una sorta di libro con dei compitini ma io, ovviamente, preferivo disegnare.
Un giorno - e me lo ricordo come se fosse successo stamattina - stavo disegnando quello che per i seguaci del dogmatico Altissimo prende il nome di “Eden”, credo: un albero con Adamo ed Eva, la mela e il serpente.
Da sempre, a tre come trent’anni dopo, se io ho le mani impegnate in qualcosa di estremamente meccanico, la mia mente viaggia.
E, mentre coloravo, mi chiesi: “Ma pensa se non ci fossero mai stati Adamo ed Eva, ecc, e quindi se non ci fossimo noi, ma ci fosse solo un nodo, un grande nodo bianco! Non ci sarebbe nulla. Anzi no, ci sarebbe il nodo bianco. E sarebbe sempre un mondo, se ci fosse solo quel nodo bianco?”.
E, come facevo, faccio e sempre farò, estesi la mia riflessione al mondo esterno.
Alla suora, nello specifico: “Ma perché Dio ha creato tutto questo? Perché non ha creato solo, per esempio, un nodo bianco?”.
Lei, naturalmente, mi liquidò, consigliandomi di continuare a disegnare in silenzio, ché altrimenti avrei svegliato gli altri bambini.
E io ci rimasi di merda.
Soprattutto perché, come appresi molti anni dopo, una domandina simile (“Perché tutto questo anziché il nulla?”) non se l’era posta proprio un coglione qualunque, ecco.
E ci rimango ancora, di merda, quando qualcuno non coglie il mio guanto di riflessione che lascio cadere con fare poco civettuolo ma molto speranzoso.
La mia età dei “perché” non è ancora finita.
Non finirà mai.
Non finirà mai il mio rimanerci male per le mancate risposte, anzi, per il rifiuto di riflettere insieme a me.
Perché molto spesso le risposte o fanno cagare o, semplicemente, non ci sono.
Ma il tragitto che porta a quelle risposte è tutto, la discussione è bella, il dialogo è vita, il pensiero è ciò che nessuno (tranne, per quel che mi riguarda, l’Alzheimer) ci porterà mai via.
Questo è sempre stato il mio sollievo più grande: fino a quando il mio cervello non si accartoccerà su se stesso, a dispetto della disgrazia, a dispetto della prigionia, a dispetto di ogni cosa, io sarò libera. Io avrò di che cibarmi, di che divertirmi, di che soddisfarmi.
E, se possibile, estenderò questo mio pensiero all’esterno.
Non tutti sono suore che tarpano le ali.
Non tutti sono aridi.
Non tutti sono intellettualmente sterili.
Non tutti.
Quasi tutti.
Ma non tutti.
Non resta che inciampare in quel “quasi” senza rompersi il femore che, si sa, a una certa età è una triste sentenza.

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